Toulouse-Lautrec e le case chiuse parigine
Pochi artisti furono assidui osservatori e ammiratori della figura femminile quanto Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901).
La sua opera è nota soprattutto per i ritratti vividi e pulsanti della vita notturna parigina, ma qui voglio soffermarmi su una raccolta di dieci litografie a colori (1896) che mi ha lasciato una viva impressione.
S’intitola Elles e rappresenta un omaggio alle donne “perdute” del tuo tempo.
Ad eccezione della prima tavola che ritrae la clownesse Cha-U-Kao, tutte le donne rappresentate nella serie appartengono al mondo delle maisons closes, ‘case chiuse’, da non confondersi con le case di tolleranza, meno esclusive e meno strutturate.
Parigi si guadagnò il titolo di “città dell’amore” per ragioni tutt’altro che sentimentali.
Tra XIX e XX secolo, la cosiddetta “professione galante” era una pratica diffusa in modo capillare, tanto che circa una donna su quattro era costretta a prostituirsi almeno temporaneamente.
Le case di piacere si concentravano principalmente a nord della Senna, ossia nella zona delle attività commerciali. Proprio qui, negli anni 1840-1850, si era sviluppata una fiorente area industriale che attirava dalla provincia molti giovani in cerca di lavoro.
Gli accalappiatori di “carne fresca” destinata alla prostituzione si recavano direttamente alle stazioni ferroviarie, dove era facile adescare le ragazze ingenue appena giunte in città.
Dall’esterno, le maisons closes presentavano solitamente facciate sobrie.
Ad indicare la loro particolare funzione poteva esserci un numero civico di dimensioni maggiori rispetto agli altri e la fida lanterna rossa, un retaggio dei lupanari antichi.
All’interno, la disposizione era in un certo senso standardizzata e richiedeva degli architetti specializzati. L’esigenza suprema era la discrezione, dunque occorrevano due accessi, due ascensori e due scale: chi era in procinto di accedere non doveva in alcun modo incontrare chi stava uscendo.
Per quanto riguarda lo stile degli interni, la sovrabbondanza della decorazione era all’ordine del giorno. Potevano esistere stanze “a tema” con mesdemoiselles dotate di costume appropriato: giapponese, arabo, Ancien Régime, ecc.
Tra il numero 6 e 8 di rue de moulins, in una palazzina che esiste ancor oggi, si trovava la celebre casa di piacere La Fleur Blanche, la cui specialità era il cosiddetto “metodo inglese” – che in Inghilterra, guarda un po’, veniva chiamato “francese” – ossia il sadomasochismo, per cui era stata allestita una “sala delle torture”.
Al primo piano, nella sala comune, la clientela selezionata della maison si rilassava e valutava “la mercanzia”.
Le ragazze erano soggette ad un perpetuo indebitamento con la maison (dovevano pagarsi il vitto, l’affitto, la biancheria, ecc.), un sistema coercitivo che le costringeva a rimanere, una forma di schiavismo legale.
Essendo impossibilitate a metter piede fuori dalla struttura fino al saldo del debito – per questa ragione la casa era detta “chiusa” – durante il giorno la maison era interessata da un gran via-vai.
Garzoni, venditori, calzolai, profumieri, parrucchieri, medici… Tutti coloro che potevano far fronte alle più svariate necessità.
Per le ragazze della maison, l’unica speranza di riscattarsi era quella di trovare un ricco protettore – o addirittura un marito – tra la clientela.
Altrimenti, una volta invecchiate – ma più spesso colpite dalla malattia – i destini possibili erano due: il marciapiede o il convento.
Toulouse Lautrec non solamente frequentò La Fleur Blanche, ma vi soggiornò. Per il ritrattista della vita moderna, l’ambiente delle case chiuse rappresentava a un tempo un rifugio e un’infinita fonte d’ispirazione.
Rispettose e prive di qualsivoglia giudizio morale, le sue litografie raccontano di una vita quotidiana che non poteva svolgersi alla luce del giorno e che nessuno aveva avuto l’ardire di rappresentare.
Senza voyeurismo, né erotismo, Toulouse-Lautrec scelse di ritrarre diversi momenti della giornata di un mondo sigillato, conosciuto solo per a metà, quella lussuriosa.
L’opera ricevette un’accoglienza tiepida, perché la preferenza del pubblico di allora, non troppo diverso nei gusti da quello di oggi, era riservato a raffigurazioni più smaccatamente erotiche.
Ma le litografie di Toulouse-Lautrec non si preoccupavano di compiacere il pubblico.
Al contrario, lo obbligavano a guardare con un occhio nuovo e disinteressato una delle tante realtà della vita moderna.
Per dirla con le sue parole, in arte occorre «fare del vero, non dell’ideale».