Le origini parigine della scheletrica Catrina messicana
Molti la conoscono, ma pochi sanno che uno dei simboli più amati di Città del Messico è un riflesso della Ville Lumière!
A più di 9000 km da Parigi, la celebrazione del magico Día de los Muertos – ‘Il giorno dei morti’ che corrisponde al nostro 2 novembre e si festeggia dalla notte del 31 ottobre – sta per avere luogo.
Cosa c’è di parigino in una festa messicana?
Niente meno che la protagonista, una diva immortale che rievoca e ironizza, col suo stile, l’icona de la parisienne della Belle Époque, modello di eleganza d’inizio XX secolo.
Come noterete tutti, la versione de la parisienne messicana è un po’ più, diciamo così, sottile.
Inoltre oggi, la dama scheletrica veste i panni più disparati, non solamente quelli francesi, benché la mise originaria fosse quella. Tutti la conoscono come La Catrina.
Il 2 novembre, il Día de los Muertos, è il giorno in cui La Catrina è protagonista, un giorno diverso da tutti gli altri perchè quello è il tempo in cui si festeggia il ritorno dei defunti tra i vivi.
Per chi non lo avesse visto, il film delle Disney – Pixar Coco descrive in modo commovente questo particolare momento dell’anno.
Personificazione della morte che si prende gioco delle vanità mondane, La Catrina dovrebbe essere eterna, ma a dire il vero ha una data di nascita ben precisa.
Nel novembre 1913, poco prima dello scoppio dalla Prima Guerra Mondiale, il debutto in società della dama scheletrica più famosa del Messico avvenne per mano di un abile artista, morto lo stesso anno in miseria all’ombra del successo della sua vanitosa creatura, Jose Guadalupe Posada (1852-1913).
Le brillanti caricature di Posada, durante i festeggiamenti di inizio novembre, ritraevano famose personalità della cultura popolare sotto forma di cadaveri.
Le sue vignette si chiamavano “calaveras” o “calaveritas” (“teschi” o “teschietti”).
Quella che diede i natali alla Catrina recitava così:
“Los que hoy son empolvadas garbanceras,
pararán en deformes calaveras”
‘Quelle che oggi sono incipriate garbanceras’ – ossia quelle messicane borghesi che, nonostante le origini indigene, si truccavano e abbigliavano per assomigliare alle ricche dame francesi di inizio XX secolo –
‘Finiranno in deformi calaveras’– ossia, appunto, teschi.
Insomma, è inutile incipriarsi tanto care signore, visto che prima o poi finirete tutte così:
La Garbancera, o quel che ne resta… La prima Catrina della storia (1913).Dalla vignetta, si deduce che l’ossessione di voler assomigliare alle femmes fatales della Belle Époque a Posada non andava a genio per niente, riconoscendo in quel grottesco travestimento un rifiuto delle proprie origini, un vento contrario sulla identità nazionale messicana che, proprio in quegli anni, si stava affermando.
Per intellettuali quali Posada, la Parigi della Belle Époque era un modello di lusso ed eleganza più da ridicolizzare che da imitare, ma il fascino che esercitava nel mondo non era facile da offuscare, tanto che se ne ritrova l’influenza persino nell’architettura di Città del Messico.
Ecco uno scorcio dello Palazzo delle Poste che di messicano – ne converrete –ha ben poco.
La Catrina deve la sua immortalità non solo alla sua natura, ma anche a un altro straordinario artista messicano, Diego Rivera (1886-1957), mentore e sposo della pittrice Frida Kahlo (1907-1954), specializzato in vivaci murales.
Dopo la lunga e penosa Rivoluzione Messicana (1910-1917), Rivera sostenne con la propria arte la giovane e ferita identità del suo paese.
Uno dei suoi più famosi murales è, non a caso, “Sueño de una tarde dominical en la Alameda Central” (1947), una sfilata di figure immortali della cultura popolare messicana al cui centro sorride impertinente la vanitosa “Catrina”, termine con cui, dai tempi della vignetta di Posada, in Messico si schernivano le ricche borghesi locali che seguivano la moda europea.
Tributo a Posada e simbolo del popolo messicano dunque, benché vestita alla francese.
La Catrina di Rivera indossa a mo’ di boa niente meno che il dio Quetzalcoatl, il serpente piumato simbolo della cultura azteca, sfoggiando orgogliosa le sue origini indie.
Nel Dìa de los Muertos ci si trucca da Catrina, ma mi chiedo quanti dei festanti calaveras che ho incontrato ricordino le origini storiche di questo personaggio.
Più di una mera incarnazione della morte, La Catrina rappresenta il sorriso canzonatorio che il popolo messicano le rivolge da sempre.
E allora, felice Día de los Muertos a tutti!