ButteChaumont

Morte e splendore al parco delle Buttes-Chaumont

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La magia del parco

Il parco all’inglese a mio avviso più bello di Parigi, il parco delle Buttes-Chaumont (1 Rue Botzaris, nel XIX arrondissement), nasconde un oscuro passato.

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Sembrerebbe difficile da credere passeggiando per i sentieri lussureggianti di questo capolavoro dell’architettura del paesaggio del XIX secolo. Tutto, dai verdi declivi ai bucolici anfratti, invita alla calma e alla distensione, eppure…

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La prima magia del parco delle Buttes-Chaumont riguarda la sua estensione.

Se si osserva una mappa, la pianta a forma di mezzaluna del parco occupa circa 25 ettari. Nulla di esagerato in rapporto ad altri parchi parigini più estesi, eppure percorrendo viali e sentieri si ha l’impressione che Les Buttes-Chaumont non finiscano mai. Com’è possibile?

L’effetto disorientante è caratteristico del giardino all’inglese diffusosi a partire dalla fine del XVIII secolo. La stessa regina Marie-Antoinette (1755-1793) ne aveva fatto allestire uno nel suo personale rifugio a Versailles, il Petit Trianon, ma questa tipologia di parchi e giardini conobbe la sua massima diffusione nel secolo seguente, tanto da ridisegnare innumerevoli spazi verdi in tutta Europa.

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La sua fortuna si deve al movimento romantico che, attraverso l’arte e la letteratura, aveva diffuso una visione della natura selvaggia, incontrollata e potente. Nei parchi e nei giardini si preferì di conseguenza lasciare la vegetazione, almeno in apparenza, libera di svilupparsi, una tendenza in aperto contrasto con la predilezione per un paesaggio scandito da linee geometriche caratteristica dei secoli precedenti (pensiamo a Versailles, ad esempio).

Gli spazi verdi si popolarono dunque di viali tortuosi, dislivelli, cambi improvvisi di prospettive, boschetti, rocce, grotte e costruzioni “pittoresche”. Tutto doveva concorre a creare l’illusione di spazi ben più ampi di quelli reali.
Et voilà, la magia è fatta!

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Quando il parco aprì le sue porte si era nel pieno del Secondo Impero (1 aprile 1867) e quando si incappa in grandi lavori architettonici, paesaggistici e urbanistici in quel periodo, si incappa per forza anche nel braccio destro dell’imperatore Napoleone III, ossia il prefetto della Senna, il barone Haussmann.

Haussmann
Il barone Haussmann (1809-1891), responsabile principale del piano urbanistico che cambiò l’assetto di Parigi nel XIX secolo.

Il barone voleva fornire alla città in espansione un nuovo spazio verde. Studiando la mappa, l’occhio gli cadde su un’antica cava di gesso al confine nord-orientale del centro abitato, un luogo di estrazione attivo già dal Medioevo ma che, a quel tempo, era diventato un covo per senzatetto, miserabili e tagliagole.

Il nome di “Buttes-Chaumont” deriverebbe da “Calvus Mons” (‘monte calvo’), ossia privo di alberi e desolato. Un luogo tetro e mal frequentato insomma, dove fino alla Rivoluzione sorgeva persino un patibolo, con tutto il suo macabro carico di sofferenza. Siamo lontani dal bucolico paradiso che conosciamo oggi, non c’è che dire!

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Adolphe Alphand, l’architetto a cui Haussmann affidò il progetto, dovette affrontare non poche difficoltà tecniche nel realizzare il bel giardino voluto dal prefetto. In certi momenti, fu necessario ricorrere addirittura alla dinamite!

La “ciliegina sulla torta” si deve a Gabriel Davioud (1825-1881), autore dello splendido Tempio della Sibilla che domina il belvedere al centro del parco, disegnato su modello di quello di Vesta a Tivoli. L’architetto, per intenderci, è lo stesso che realizzò la celebre fontana di Saint-Michel in place Saint-Michel (VI arrondissement).

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Si dice che l’intero parco sia stato realizzato seguendo mistiche proporzioni rispondenti a precetti esoterici che donerebbero al parco un’energia particolare. Lo stesso Tempio della Sibilla sorgerebbe al centro di un magico pentacolo di cui, però, mi sfugge lo sviluppo (se qualcuno volesse illuminarmi ne sarei felice!).

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Il ponte dei suicidi

Dal tempio si può godere una vista spettacolare della città e del parco, ma non è ancora il momento di abbandonarsi ai trasporti romantici: a pochi passi da qui, con triste frequenza, si svolse per anni un rituale inquietante. Il nome del luogo ne conserva la tetra memoria.

Esattamente all’altro capo della parete rocciosa su cui sorge il Tempio della Sibilla, un ponte in pietra e mattoni dall’aspetto modesto è divenuto tragicamente famoso come il ponte dei Suicidi. Purtroppo non si tratta di un nome di fantasia…

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Tra la fine del XIX e gli anni Trenta del XX secolo, decine di disperati posero fine ai propri tormenti gettandosi dal basso parapetto del ponte. Alcuni giornali, i più cinici, arrivarono a parlare di una vera e propria “moda”.

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La ragione di questa sinistra preferenza resta sconosciuta, ma gli articoli di giornale che ne riportano i tragici episodi sono innumerevoli.

Si legge perfino di un aspirante suicida, “suo malgrado” fortunato: colto da disperazione, il disgraziato si gettò nel vuoto prendendo male la mira e rimase così impigliato ai rami di un albero. Le forze dell’ordine lo recuperarono e pare che il signore abbia poi fatto tesoro della lezione, rinunciando all’insano progetto.

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Le Petit journal, supplemento della domemnica, “Il ponte fatale alle Buttes-Chaumont, 13 novembre 1898 (from RetroNews-BnF).

A proposito di questo deprimente fenomeno, La Presse del 10 luglio 1896 calpesta la moderna sensibilità commentando quanto segue:

«Il leggendario ponte dei Sospiri ha fatto il suo tempo. Ora abbiamo il ponte dei suicidi.
È grazioso come tutto il resto, situato in un parco adorabile e domina uno specchio d’acqua minuscolo, dove i cigni passeggiano le loro maestà. È il ponte di mattoni alle Buttes-Chaumont.
Che bell’orizzonte per morire!… Pare che ventinove persone, da un mese a questa parte, venute qui per porre fine alla propria esistenza, abbiano potuto mettere il loro fatale progetto in esecuzione. […] In verità, bisogna essere davvero furiosi con la vita per metter fine ai propri giorni nel mezzo di un tale Eden».

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Lo stesso giorno, nel giornale Le Radical si legge di un episodio terribile:

Il ponte di mattoni che attraversa le Buttes-Chaumont è stato una volta di più teatro di un suicidio.
Una giovane donna di venticinque anni residente, sembra, nel passage de l’Est, si è gettata da questo ponte ieri mattina alle sei.
La morte è stata istantanea.
Qualche minuto prima, ella aveva incontrato sulla piazza del municipio il ragazzo della Morgue (obitorio) incaricato di trasportare i cadaveri trovati nel quartiere; gli aveva dato una moneta da un franco dicendogli:
«Attendete cinque minuti sotto la grotta del lago; questo vi eviterà di tornare».
Qualche minuto dopo, ella si abbatteva al suolo.
È il ragazzo a cui aveva dato un franco che ha condotto il suo corpo alla Morgue.
Questo ponte di mattoni da troppo spesso luogo a delle scene del genere: lo si ha soprannominato il ponte dei suicidi.
Gli abitanti del quartiere firmano una petizione per richiedere l’elevazione del suo parapetto, non avendo questo infatti che o,98 m di altezza.
Alcuni incidenti si sono già verificati e questi, uniti ai numerosi suicidi, ispirano un timore legittimo per la vita dei bambini che frequentano il parco.

Un parapetto rialzato fu realizzato in metallo, come mostrano diverse fotografie dell’epoca, ma oggi il livello è tornato quello originale pertanto… fate attenzione!

Suicidi, perseguitati, condannati a morte, miserabili di ogni specie… Ecco cosa si cela dietro il romantico parco delle Buttes-Chaumont che non cessa di esercitare un fascino potente sui passanti, concedendo un piacevolissimo ristoro grazie alle sue armoniose colline e ai suoi viali eleganti, bordati di alberi secolari.

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Talvolta, a ben guardare, si ha la fortuna di incontrare i suoi schivi inquilini…

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Ma è possibile imbattersi anche in opere d’arte, come questo misterioso Pan, il protettore della natura che talvolta si improvvisa babysitter, cavandosela peraltro abbastanza bene.

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L’autore di Pan è lo scultore greco Fanis Sakellariou.

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Da leggere anche: Square du Temple: sulle tracce della fine dei templari e della monarchia.