Le Procope: l’anima di Parigi tra quotidiani, calamai, teatro e rivoluzioni
Le Procope (13, rue de l’Ancienne Comédie) non è solo un ristorante storico.
Appena varcato l’ingresso, si cade subito vittima del suo peculiare charme d’altri tempi, eppure pochi sono a conoscenza delle vicende straordinarie di cui è stato testimone.
Vi invito a prendere posto al tavolo e ad assaporarne la storia un piatto alla volta.
Intorno alla metà del 1600, una bevanda proveniente dalle terre ottomane aveva appena iniziato la sua ascesa: stiamo parlando del caffè!
L’esotica, costosissima novità si diffuse inizialmente presso i salotti privati della nobiltà e della ricca borghesia.
Nel caso non fosse possibile accedere a questi circoli esclusivi, si poteva forse sperare di trovarne in città, ma durante il XVII secolo i locali erano per lo più stamberghe dalla clientela poco raccomandabile.
Anche potendo permettersi di pagare, certe bettole erano al limite della decenza!
Nel 1686, al numero 13 di rue de l’Ancienne Comédie (allora conosciuta col nome di rue des Fossés Saint-Germain, poiché costeggiava le mura medievali della capitale) iniziarono i lavori per la realizzazione di un nuovo locale.
Il proprietario era un intraprendente italiano di umili origini, Francesco Procopio Dei Coltelli.
Nelle sale del locale di Monsieur Procope, arredate come le residenze delle buona società, la consumazione di dolci, limonate, liquori e bevande (tra cui l’ambitissimo caffè) avveniva in un ambiente finalmente decoroso.
Se si considera l’epoca, il concept – concedetemi il termine – era a dir poco innovativo!
La raffinatezza delle ricette ideate dal proprietario e la novità del gelato a base di frutti e petali di fiori completarono la fortuna del Procope.
Un’ulteriore svolta giunse tre anni più tardi, quando la celeberrima troupe di Molière – la Comédie-Française – si trasferì al numero 14, proprio di fronte al nuovo locale.
La facciata della Comédie decorata dalla Minerva scolpita da Étienne Le Hongre sussiste ancora, ma è difficile notarla dalla strada. Meglio salire al primo piano del Procope per renderle omaggio.
La vita vivace della Comédie invase ben presto il locale, trasformandolo in un grande salotto ove le discussioni si accavallavano. Si spaziava dalla mondanità al teatro, alla letteratura, all’arte e soprattutto alla politica.
Una copia del giornale del giorno veniva affissa alla tubatura della stufa, affinché la clientela potesse sempre trovare uno spunto di conversazione.
Fatto ancor più incredibile per l’epoca: carta e calamaio – due cose rare, preziose e costose – venivano messi gratuitamente a disposizione!
Ciò può sembrare scontato ai giorni nostri, ma non lo era affatto nella seconda metà del XVII secolo a Parigi, dove i luoghi di discussione, di confronto e di dibattito filosofico-letterario-politico avveniva in due cerchie ristrette: quella della accademie e club a cui si accedeva tramite versamento di una quota spesso esosa, oppure quella dei salons aristocratici, men che meno accessibili senza invito.
Al Procope invece, come diceva Voltaire: «solo l’intelligenza funge da biglietto d’invito».
Diderot, d’Alambert, Rousseau, Voltaire, Banjamin Franklin sono solo alcuni dei grandi personaggi che il figlio di Francesco Procopio, Alexandre, vide sfilare nel suo café. Ai tempi, le discussioni a cui era possibile assistere erano quelle tipiche del Secolo dei Lumi e spesso terminavano a colpi di canna!
Agli americani piace pensare che la loro costituzione sia stata discussa in queste sale, dove Banjamin Franklin era il benvenuto.
Nel 1782, il trasferimento della Comédie in una sala poco distante – oggi nota come teatro Odéon – non causò affatto il declino del locale.
Come mai prima di allora, Parigi necessitava di un luogo in cui riunirsi e discutere: la Rivoluzione era alle porte!
Basti pensare che, dopo la prima del Mariage de Figaro che aveva subito la censura per sei lunghi anni, Baumarchais scelse proprio il Procope per festeggiare.
Era il 27 aprile 1784 e in tutta Parigi echeggiava la battuta della commedia con cui la condizione privilegiata della classe aristocratica veniva per la prima volta pubblicamente attaccata:
«Che avete fatto voi per avere tanto? Vi siete dato la pena di nascere e nulla di più!».
Le basi dell’Ancien Régime traballavano…
Proprio in quel periodo, il café venne acquistato da Zoppi, anche lui italiano e infervorato dalla propaganda rivoluzionaria. Ai suoi tavoli trovarono accoglienza Danton, Marat – che aveva la sua tipografia al numero 39 della stessa strada – Robespierre, Camille Desmoulins, Fréron… E più tardi un giovane, malinconico generale di nome Napoleone Bonaparte.
Giunse poi l’era romantica, degli amori tempestosi e delle passioni travolgenti.
I tavolini del Procope vennero allora occupati dalle plumes più famose dell’epoca come il poeta Alfred de Musset e la scrittrice George Sand, una delle coppie più tormentate che il locale abbia conosciuto e che ben conosciamo… (leggi l’articolo dedicato: George Sand: le donne che amano sono pericolose).
Non mancarono nemmeno gli intramontabili romanzieri Victor Hugo, Théophile Gautier, Honoré de Balzac… La clientela del Procope non era di certo noiosa!
Dopo numerose peripezie e un periodo di chiusura, nel 1893 il locale venne affittato al figlio di un libraio, Théo Bellefonds, che ne conservò l’aspetto e contribuì alla rinascita della vita intellettuale.
Ancora una volta, il Procope divenne il luogo di ritrovo dei circoli letterari dell’epoca.
In piena Belle Époque, al primo piano venne allestito persino un piccolo teatro, come era di moda nei cabaret di Montmartre, primo fra tutti il leggendario Chat Noir.
Huysmans, Verlaine e molti altri divennero clienti abituali. Anche Oscar Wilde sfilò tra i tavoli del Procope durante i suoi soggiorni parigini.
Purtroppo, come in ogni iniziativa culturale che si rispetti, i conti non tornavano mai, tanto che il locale venne chiuso di nuovo nel 1900.
Occorrerà attendere il 1987, quando Jacques e Pierre Blanc decisero di salvare dall’oblio le sale che avevano accolto e ristorato la vita parigina per ben trecento anni, con l’intento di rianimare i suoi locali e rispolverarne le antiche memorie.
Buon appetito e buone disquisizioni filosofiche a tutti!