
Musée Lambinet: il ventaglio che annuncia la Rivoluzione
Nelle sale del piccolo ma prezioso Musée Lambinet di Versailles, che spesso i turisti trascurano, ho scoperto una storia oggi quasi dimenticata, ma che al tempo del Secolo dei Lumi era ben nota.

La vicenda non era narrata tra le pagine di un libro, ma dipinta con maestria su quella di un ventaglio realizzato negli anni 1780.

Il ventaglio, accessorio oggi divenuto “secondario”, rappresentava all’epoca un elemento essenziale della tenuta nobiliare femminile.
In Francia, la stagione artistica del ventaglio aveva conosciuto un tale trionfo nel XVII secolo, che Louis XIV, il Re Sole, aveva deciso di regolarne il commercio, istituendo le corporazioni degli éventaillistes (‘fabbricanti di ventagli’).
L’apice del virtuosismo si raggiunse nel XVIII secolo, grazie soprattutto al successo dei corbeilles de mariage, cofanetti traboccanti di merletti, biancheria, ricami e accessori che venivano offerti alla futura sposa (ne parlo in questo articolo).

L’aumento di produzione spinse gli artigiani a distinguersi per ingegnosità e così i ventagli più preziosi si dotarono di binocoli, flaconi di profumo, perfino termometri nel caso la dama fosse un’amante delle scienze.
Il motivo decorativo dei ventagli era naturalmente legato al gusto contemporaneo: mitologia, scene di caccia oppure galanti tratte dalla vita di corte o da un’idealizzata vita pastorale, ma anche avvenimenti d’attualità, oppure celebrazioni di scoperte scientifiche (non dimentichiamo che siamo nel Secolo dei Lumi: la scienza era di gran moda!).

Con la Rivoluzione francese, momento storico in cui la moda femminile si semplificò drasticamente, la stagione artistica del ventaglio conobbe una battuta d’arresto da cui non si riprese mai del tutto.
Il ventaglio del Musée Lambinet risale agli ultimi anni dell’Ancien Régime e porta nella sua decorazione l’annuncio del cambiamento che, di lì a breve, sfocerà nella Rivoluzione francese.
All’epoca, infatti, nonostante fosse un oggetto distintivo delle classi agiate, il ventaglio iniziò a farsi portatore di messaggi politici e persino di propaganda.
Sotto laRivoluzione, l’accessorio perse in preziosità materica in favore dello sviluppo dell’immagine rappresentata sulla feuille (‘il foglio’, ossia la pagina).

Ai nostri giorni, Louis Gillet è caduto nell’oblio, ma nell’ultimo ventennio del 1700 era una celebrità tale che le sue imprese venivano rappresentate su stampe, stoviglie, tessuti, accessori…
Louis Gillet, maréchal des logis, sottufficiale assegnato alle scuderie, era un veterano che aveva guadagnato l’assistenza de l’Hôtel des Invalides, la struttura voluta da Louis XIV per accogliere e curare coloro che erano stati feriti combattendo per la Francia.

Un giorno, attraversando la foresta che lo separava dalla sua città natale, il maresciallo venne attirato da grida terribili.
Seguendo i lamenti, giunse in una radura dove una giovane di nemmeno vent’anni era legata ad un albero. Intorno a lei, due “scellerati” si preparavano a seviziarla.

In una stampa di Deny Martial raffigurante l’evento, si legge:
«Davanti a questo spettacolo spaventoso, il coraggioso militare, mosso a compassione, mise mano alla spada, tagliò la guancia destra di uno dei briganti, lo mise in fuga e, con un colpo di rovescio abbatté il polso del secondo che voleva ucciderlo con un colpo di pistola”.
Liberata la giovane vittima, il maresciallo la ricondusse alla sua famiglia che, per riconoscenza, com’era in uso all’epoca, gli propose di sposarla.
Gillet generosamente rifiutò spiegando, non senza un certo umorismo, che a settant’anni suonati trovava più facile salvarle la vita che renderla felice.
Il maresciallo rifiutò persino l’idea di una ricompensa in denaro: «La mia ricompensa è nel mio cuore», dichiarò.
C’era di che far svenire le dame e far levare rispettosamente il cappello ai signori!
L’eroico gesto di Gillet aveva profondamente impressionato i suoi contemporanei.
Le stampe che ritraevano l’impresa si vendevano come pane e perciò il pittore Antoine Borel decise di raggiungere la dimora del maresciallo fuori Parigi, in pieno inverno, per poter realizzare un ritratto dal vivo (1786).

Come se non bastasse, il suo nome venne citato sia nel Giornale degli Stati Generali del 1789, che in un decreto dell’Assemblea nazionale del 30 agosto 1791.
Entrambi i documenti segnalano la decisione di assegnare al veterano un premio in denaro, sempre rifiutato, in cambio della semplice conferma della sua pensione militare. Per tutta risposta, la pensione venne sia approvata, che accresciuta.

Questi documenti rivelano un aspetto interessante: agli inizi della Rivoluzione francese, le due classi avversarie che si scontravano su qualunque riforma sociale, fiscale e politica – mi riferisco a nobiltà e borghesia – concordavano, una volta tanto, sulla necessità di celebrare un veterano coraggioso.
Ciò si deve proprio all’Illuminismo, che aveva profondamente trasformato i valori comunemente condivisi, non ultimo quello della virtù e, con esso, la figura dell’eroe. Finito il tempo dei guerrieri sanguinari della mitologia!
Il fascino di modelli classici irraggiungibili, spesso più simili a dei che a uomini, era decaduto.
Il Secolo dei Lumi celebrava l’uomo moderno dominato dalla ragione e dall’autocontrollo.
Gillet aveva dimostrato che l’innocente Andromeda poteva essere salvata, non per forza da quel gran fusto di Perseo a cavallo di un destriero alato, ma da un eroe mortale, per di più vecchio e ferito.
Il mondo poteva dunque essere migliorato non dagli dei, ma dagli uomini che mettevano da parte il proprio egoismo per il bene comune: su un ventaglio da gran dama, la Rivoluzione è annunciata.