“Satiro e Baccante”: scandalo al Salon di Parigi del 1834
Nel XIX secolo, a Parigi, si teneva un evento a cui ogni artista in erba sognava di partecipare: il Salon.
Si trattava di un’esposizione periodica di pittura e scultura che decideva la fortuna degli artisti.
Il nome origina dalla sala del Louvre dove si tennero le esposizioni, ossia il Salon Carré (‘salone quadrato’) che oggi ospita i capolavori del primo Rinascimento italiano.
Esporre un’opera potenzialmente “sensazionale”, in senso negativo ovviamente, comportava un rischio che pochi artisti osavano correre ma, se la critica avesse apprezzato l’originalità del risultato, il successo futuro sarebbe stato garantito!
Lo scultore Jean-Jacques Pradier, detto James, (1790-1852), osò correre il rischio al Salon del 1834 (al tempo, l’evento era biennale; diverrà annuale solamente a partire dal 1863), benché si fosse già fatto un certo nome.
Lo stile neoclassico delle sue sculture era molto apprezzato all’epoca, ma l’opera esposta in quell’occasione sollevò un tale polverone che il governo “moralista” del re Louis-Philippe – a cui l’opera era destinata – si rifiutò di acquistarla.
L’oggetto dello scandalo era una scultura in marmo di grande formato intitolata Satiro e Baccante, oggi conservata al museo del Louvre.
Se ai nostri occhi la scena scolpita da Pradier appare tutt’al più sexy, ben lontana dal scivolare nella volgarità, all’epoca venne ritenuta nientemeno che pornografica. Vediamo un po’ cosa poteva urtare la sensibilità del tempo.
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, le scene licenziose raffiguranti satiri (esseri a metà tra uomo e capra) e baccanti erano molto diffuse nelle case della buona società.
Queste creature originarie della mitologia greca, ebbre di vino e dedite esclusivamente al piacere, erano al servizio di Dioniso (il Bacco degli antichi romani), dio del vino e della fertilità.
I membri del corteo di Dioniso facevano abitualmente comparsa nei dipinti, mentre nella scultura venivano solitamente relegati al piccolo formato, in quanto semplici oggetti decorativi da esporre con discrezione sui mobili o all’interno di vetrine.
Eccone un esempio più tardo realizzato in terracotta, alto appena 33 cm, conservato al museo d’Orsay e chiaramente ispirato all’opera di Pradier.
Pradier decise, al contrario, che gli amori del suo Satiro meritavano un formato grande – alto addirittura 1,25 m! – solitamente riservato a personaggi storici, mitologici, allegorie di virtù, monumenti… insomma, a soggetti moralmente “degni”.
Non contento, Pradier aveva sì privilegiato la vista frontale ma, per aumentare il realismo della composizione, non aveva trascurato le altre prospettive.
Lo spettatore del XIX secolo si trovava dunque costretto – “suo malgrado”, naturalmente – a compiere il giro completo dell’opera indecorosa, onde poter apprezzare i dettagli di un corpo femminile ritenuto disgustoso, a causa del suo realismo.
All’epoca, un nudo non idealizzato secondo le regole del Classicismo – e quindi non rispettoso delle proporzioni canoniche – era considerato osceno. Ancor peggio in questo caso, in cui il marmo è lavorato in modo da evocare addirittura la consistenza reale e imperfetta della carne!
Inoltre si diceva – fatto gravissimo per uno scultore – che il corpo della baccante fosse stato modellato dal vero, attraverso l’impiego di un calco.
Infine, oltre ai colleghi meno abili e invidiosi, ai critici d’arte e alla censura, ci si mise di mezzo anche il gossip: nei tratti della sensuale Baccante denudata dal Satiro, i maliziosi vollero riconoscere quelli della bella Juliette Drouet, la modella preferita di Pradier – nonché sua amante – prima di divenire il grande amore (altrettanto illecito) dello scrittore Victor Hugo.
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Ecco perché una scena erotica di grande formato non poteva venir accettata dai benpensanti del tempo, insofferenti di fronte alla rappresentazione delle proprie segrete pulsioni, pulsioni che il gesto del Satiro rivela e addirittura enfatizza!