La moda si racconta(9) – Lo stile Impero e il gusto di Joséphine
[ Copertina © Giorgia Gordini ]
In quest’intervista a puntate Madame la Mode, ossia la Moda in persona, ci racconta il suo passato francese.
Abbiamo appena visto come il gusto neoclassico si diffuse negli anni del Direttorio (1795-1799) e del Consolato (1799-1804) influenzando le arti, il decoro degli interni e gli abiti femminili.
Madame, che effetti ebbe sul gusto francese l’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte ?
Delle evoluzioni vi furono, ma non drastiche come quelle osservate con la Rivoluzione francese.
Il nuovo modello di femminilità audace, emancipato e indipendente rappresentato dalle “Meravigliose” del Direttorio (1795-1799, vedi articolo precedente) andò scomparendo durante gli anni dell’Impero di Napoleone (1804-1814).
Joséphine de Beauharnais incarnò in un certo senso questa “involuzione”.
La bella “creola”, così battezzata perché era nata in Martinica, prima di sposare il generale Bonaparte era una delle Merveilleuses più famose, le pioniere della moda “alla greca”, note per la loro eleganza, indipendenza, e soprattutto per la condotta libertina.
Mano a mano che Napoleone saliva la scala del potere, Joséphine si trasformò gradualmente in una brava moglie. Soprattutto si rivelò un’alleata preziosa, il cui ruolo fu quello di definire, diremo così, il brand del nuovo regime.
Lo château de Malmaison, la proprietà subito fuori Parigi degli sposi Bonaparte, divenne un modello di stile per la buona società francese.
A Malmaison il gusto per l’antichità di Joséphine si fondeva con quello di stampo militare di Napoleone. La dimora doveva celebrare la figura di Bonaparte sia come protettore dell’ordine, della stabilità e della prosperità della Nazione, ma anche come genio militare.
In quest’ottica, le stanze in cui l’imperatore lavorava e riceveva i suoi collaboratori vennero decorate come gli interni di tende da campo, mentre il resto degli ambienti destinati all’intrattenimento e al piacere rifletteva il gusto “alla greca” raffinato di Joséphine, che non trascurava alcun dettaglio.
Il mobilio presenta una predominanza di tono scuro, dovuto all’impiego diffuso del mogano, stemperato dalle decorazioni in bronzo dorato che venivano attentamente dosate, per non appesantire l’insieme.
E Parigi che segni visibili conserva di quel periodo?
Napoleone voleva fare di Parigi la più moderna delle capitali europee.
Riformò l’amministrazione, il servizio postale, le forze dell’ordine, fece realizzare fontane, monumenti, ponti e strade…
Ogni intervento urbanistico e architettonico era un’occasione di propaganda e doveva pertanto evocare i successi delle campagne militari dell’imperatore, ecco il perché del pont d’Austerliz o della rue de Rivoli…
Allo stesso modo, l’arc du Carrousel, l’Arc de Triomphe e la chiesa-tempio della Madelaine furono eretti come monumenti alle imprese della Grande Armata e del suo condottiero.
Assieme ai suoi architetti di fiducia, Pierre Fontaine e Charles Percier, l’imperatore definì uno stile architettonico che rappresentasse il suo governo, il cosiddetto stile Impero, ispirato all’architettura classica, con linee simplici, fedeli al concetto di bello ideale dell’Antichità, ma allo stesso tempo imponenti, onde rendere omaggio alla gloria dell’imperatore.
Fontaine mirava ad erigere costruzioni talmente perfette e armoniose da fargli superare indenni i capricci della Moda nei secoli… Che ingenuità: nessuno me la fa!
Dopo la campagna d’Egitto, la mania per la civiltà del Nilo invase Parigi e non risparmiò affatto l’architettura.
Mentre le spalle delle dame si ricoprivano di morbide pashmine africane, un po’ ovunque nelle ville, nei palazzi e nelle piazze cittadine, comparvero sfingi, fiori di loto, piramidi…
Fontaine dovette piegarsi e finì col mescolare il nuovo gusto egiziano al puro stile Impero.
Torniamo agli abiti femminili. Quali caratteristiche si devono ricordare dell’epoca di Napoleone?
L’abito-tunica rimase la tenuta femminile per eccellenza, ma lo strascico si fece sempre più raro dopo 1806, ad eccezione delle tenute di corte, beninteso… Sì, perché in Francia c’era di nuovo una corte con tanto di etichetta!
La sontuosità delle tenute formali costituiva non solo uno strumento di propaganda del nuovo regime, ma anche il modo con cui la nuova élite intendeva legittimare la propria posizione.
Ricomparvero per tanto i ricami in filo d’oro e d’argento e le decorazioni in pietre preziose, mentre la trasparenza che aveva fatto tanto scalpore negli anni precedenti scomparve dagli abiti femminili.
A corte come tra le mura domestiche, era ancora una volta l’imperatrice il modello del gusto.
Joséphine era una donna raffinata e piena di inventiva. Affiancata dal suo marchand des modes preferito, il modista Louis Hippolyte Leroy, fu l’imperatrice stessa a concepire il proprio abito per la cerimonia d’incoronazione (cattedrale di Notre-Dame, 1804).
I tessuti da sfoggiare alla corte di Napoleone erano principalmente seta e velluto, per assecondare la politica economica dell’imperatore a sostegno delle industrie tessili nazionali.
Il blocco continentale che impediva alle merci inglesi di entrare nei territori controllati dall’Impero (fine 1806) aveva in teoria messo al bando il cotone, la mussolina e tutti tessuti provenienti dalle colonie britanniche.
Nella realtà questa misura drastica, voluta da Napoleone per indebolire economicamente l’Inghilterra, ebbe un effetto nullo a causa di una fitta rete di contrabbando. Nonostante gli sforzi dell’imperatore, il cotone e la mussolina non cessarono di circolare, come poteva tristemente constatare lui stesso tornando a casa e trovandoli addosso… a sua moglie!
Liti domestiche, abiti lanciati nel fuoco e l’ordine di arresto per tutti i commercianti che si fossero presentati a Malmaison… Nessuna misura riuscì ad impedire a Joséphine di abbandonarsi ai suoi acquisti illeciti e alle sue spese folli.
A parte le tenute di corte, come si vestiva la parigina benestante in quegli anni?
Gli abiti-tunica dedicati alle serate avevano le maniche corte ma, onde evitare qualunque contatto sconveniente tra la pelle del braccio della dama e la mano del cavaliere durante la danza, erano sempre prolungate da lunghissimi guanti.
Il colore predominante era il bianco immacolato che, da simbolo d’innocenza qual era alla fine del XVIII secolo, era gradualmente divenuto segno di cura continua, dunque di una numerosa servitù, dunque di possibilità economiche.
Gradualmente i ricami ricomparvero, soprattutto sul corpetto e sull’orlo della gonna.
La continua esposizione alla propaganda dell’impero basata sui successi militari dell’Armata non poteva non influenzare il gusto delle dame, il cui vestiario evocava spesso le uniformi dell’Armata attraverso un accessorio, un taglio particolare del soprabito, un sistema di abbottonatura… In particolare, la nuova uniforme da hussard, istituita da Napoleone stesso, ebbe un immenso successo.
La mancanza di tasche capienti negli abiti-tunica portò alla comparsa della réticule, un sacchetto di stoffa antenato della borsetta, solitamente ricamato. La forma era ispirata alla sabretache, una piccola sacca che i militari portavano dal lato sinistro assieme alla sciabola durante le guerre napoleoniche.
L’unità di cavalleria leggera dei mameluck istituita da Napoleone ispirò un tipo di manica lunga che fece furore tra le dame e che avrà il suo apogeo sotto la Restaurazione, così come il tipo di abbottonatura dell’uniforme alla hussard che comparve su giacche e cappotti.
Ai piedi si calzavano ballerine o stivaletti senza tacco.
Le acconciature potevano variare, a patto che vi fossero sempre boccoli a profusione. I turbanti erano molto diffusi, anche a corte, purché in tessuto prezioso e ricamato.
Nelle grandi occasioni era ammesso esibire un accessorio che per un periodo era stato bandito, poiché ricordava pericolosamente l’Ancien Régime, il ventaglio.
Lo scialle di cachemire aveva un valore economico enorme, tanto da costituire un’eredità da trasmettere alla discendenza.
La scrittrice irlandese Lady Morgan, nella sua opera “Francia” (1817), scrisse che una domanda comune tra le dame dell’alta società francese era:
«E voi quanti cachemire avete, mia cara?».
E per ripararsi dal freddo, scialle a parte, cosa indossavano le parigine?
Un cappotto a vita alta, oppure con uno spencer, una giacca tipo redingote senza code che terminava sotto la linea del seno.
Entrambi i modelli dovevano essere colorati e spesso presentavano dei rigonfiamenti di tessuto che donavano volume alle spalle.