I fantasmi di Chantilly: i tesori e i dolori del duca d’Aumale
Questo articolo fa parte di una serie che ripercorre alcune delle tappe del favoloso Maria Antonietta Tour 2019, ideato da Alice Mortali, presidente di Aimant, Associazione Italiana Maria Antonietta (trova la serie completa qui).
Visita guidata al castello di Chantilly (ultima parte)
Henri d’Orléans, duca d’Aumale (1822 – 1897) fu l’ultimo proprietario di Chantilly e allo stesso tempo fu colui che lasciò maggiormente la propria impronta sul domaine.
Il suo ricordo si respira un po’ ovunque, anche perché la proprietà venne trasmessa all’Institut de France a patto che niente nella disposizione venisse modificato.
Il giovane duca Henri ereditò il castello in modo inatteso, come abbiamo visto nel precedente articolo, ma fu subito evidente quanto la proprietà gli stesse a cuore.
Ad esempio, non si contano le accese discussioni che ebbe con il padre, il re Louis-Philippe d’Orléans, a causa della ricostruzione del Grand Château (‘Castello Grande’) demolito durante la Rivoluzione francese.
Il re trovava la spesa irragionevole – su questo non si può biasimarlo – senza contare le cifre folli che il duca già sperperava per la sua preziosa collezione d’oggetti d’arte e di libri antichi.
Nonostante le difficoltà, l’ambizioso progetto del duca d’Aumale si realizzò, una meraviglia dopo l’altra: scopriamole insieme.
Nel 1844 il duca Henri sposò Maria Carolina di Borbone, detta “Lina”, principessa delle Due Sicilie (1822 – 1869). La futura duchessa non era entusiasta della scelta, ma obbedì al volere della famiglia come era d’uso a quei tempi.
Per accogliere degnamente la novella sposa, il duca fece allestire degli appartamenti al piano terra del Petit Château (questa meraviglia è stata recentemente restaurata ed oggi resa accessibile tramite visita guidata).
I nuovi appartamenti, affacciati sull’acqua, erano dotati di una privacy inusuale per l’epoca: la lunga infilata delle stanze – tipicamente posizionate una di seguito all’altra – venne riservata ai signori.
I traffici della servitù vennero invece “dirottati” in una galleria esterna, la Galleria Duban, opera di Felix Duban, aggiunta sulla corte interna del Petit Château.
I nuovi appartamenti riflettono il gusto eclettico dell’epoca ed ogni stanza è decorata in uno stile storico differente. D’altro canto, il duca d’Aumale viveva in un periodo contraddistinto da una forte nostalgia per il passato, come abbiamo scoperto al Musée Jacquemart-André.
La camera della duchessa, ad esempio, venne allestita in stile Louis XV-Louis XVI (XVIII secolo).
La camera del duca è rivestita in pannelli in stile Louis XV (Rococò) e il mobilio è un insieme di stili differenti, come era di moda durante il regno di Louis-Philippe (1830-1848).
Per la decorazione degli interni, il duca si avvalse di Eugène Lami, che già aveva lavorato per la famiglia del duca al palazzo delle Tuileries a Parigi.
Ho trovato particolarmente commovente la collezione di ritratti del Salon de Condé.
Conoscendo la solitudine in cui il duca concluse la sua vita, colpisce l’evidente necessità di circondarsi di volti amati, nonché del ricordo di coloro che fecero la storia della sua famiglia, una sorta di lunga lista di numi tutelari a protezione del castello.
Grazie all’amabilità e alla dolcezza che la contraddistinguevano, la giovane sposa guadagnò ben presto l’affetto non soltanto del marito, ma di tutti i parenti.
Sembrerebbe un lieto fine, ma non illudiamoci: siamo nell’Ottocento e proprio come nei romanzi dell’epoca, la tragedia attende oltre l’angolo.
I due sposi erano cugini (il padre di Maria Carolina era il fratello di Maria Amalia, madre del duca) e la consanguineità non è il presupposto migliore per garantire una buona salute ai discendenti.
Il duca e la duchessa ebbero otto figli, quattro maschi e quattro femmine, di cui solo due, Louis e François, supereranno l’infanzia.
Il figlio maggiore, Louis, raggiunti i vent’anni partì in viaggio per mare, nella speranza di rafforzare la propria salute. Il cambio d’aria inizialmente sortì ottimi effetti, tanto che il giovane Louis decise di spingersi fino in Australia… dove contrasse il tifo. Morì nel 1866 a Sidney, lontano dai suoi cari.
Per sua madre il colpo fu insostenibile. Maria Carolina si spense tre anni più tardi e tre anni dopo ancora, il duca perse l’ultimo erede, François, all’età di diciotto anni.
Per combattere il dolore e la solitudine, il duca si rifugiò nella bellezza. Tutte le sue energie si rivolsero a fare di Chantilly il suo testamento spirituale, lo scrigno della sua collezione d’arte e dei suoi amati libri.
Il Grand Château risorse a questo scopo per mano dell’architetto Daumet, ma la scelta dello stile della nuova costruzione sollevò non pochi problemi.
Onde evitare di lanciare inutili provocazioni in un momento politico precario – nella Francia di quegli anni (1876-1882) si temeva seriamente il ritorno della monarchia – il duca optò per lo stile “Valois” (XVI secolo), quello che si osserva al castello di Fontainebleau. Un castello in stil classico (XVII-XVIII secolo) avrebbe ricordato troppo l’Ancien Régime…
Quattro delle sette torri del castello medievale vennero ricostruite sulle antiche fondamenta originarie.
Il castello venne dotato di gallerie espositive e di un nuovo padiglione d’ingresso monumentale, ispirato al Battistero del Primaticcio di Fontainebleau (XVI secolo).
Non poteva mancare la cappella in stile neogotico, tanto apprezzato nell’Ottocento.
Una splendida scala d’onore, capolavoro del XIX secolo, accoglie il visitatore che accede al vestibolo.
«Comincio a credere di essere afflitto da bibliomania», dichiarò un giorno preoccupato il duca d’Aumale. Dopo essere entrata nella sua splendida biblioteca a Chantilly non posso che condividere il dubbio.
Quasi 19 000 volumi, di cui duemila manoscritti, vengono esposti a rotazione in apposite teche.
Attraversata la sala da pranzo di rappresentanza, ispirata alla sala da ballo del castello di Fontainebleau e interamente dedicata al tema della caccia, storico vanto della foresta di Chantilly, si accede al vero tesoro del castello: il prezioso Musée Condé, inaugurato nel 1898.
Per specifica richiesta del duca, le sale non sono state modificate in nulla, nemmeno per quanto riguarda l’illuminazione zenitale che andava di moda al tempo, e che oggi è ampiamente superata.
Le opere non sono divise né per scuola, né per periodo, ma secondo il gusto del loro ultimo proprietario. Raffaello, Corot, Filippo Lippi, Delacroix, Van Dyck, Watteau, Pussin – per dirne solamente alcuni – convivono nelle sale gomito a gomito, o “cornice a cornice” se preferite, visto l’horror vacui che caratterizzava l’esposizione dei dipinti nel XIX secolo.
Tra gli obiettivi che il duca si era posto, vi era quello di ritrovare e riportare in patria le opere e gli oggetti d’arte dispersi per l’Europa durante la Rivoluzione francese.
Le consolazioni dell’arte, purtroppo, non potevano risparmiare l’ultimo dei gravi colpi che Henri d’Orléans, duca d’Aumale, era destinato a ricevere.
Henri aveva settantacinque anni e si trovava in Sicilia. Sua nipote, Sofia di Baviera – la sorella preferita dell’imperatrice d’Austria Sissi – si stava occupando di una vendita di beneficenza al Bazar annuale della Carità a Parigi, quando un terribile incendio era divampato.
I soccorsi impiegarono, come era di norma all’epoca, circa quindici minuti ad arrivare, ma la tragedia ormai si era consumata. Quel giorno perirono 126 persone, tra cui Sofia.
Il colpo fu terribile, ma fu anche l’ultimo: tre giorni dopo, il duca d’Aumale spirò.
La saga di Chantilly si conclude qui, in un clima non troppo allegro, lo ammetto. Spero di non avervi solamente rattristato: il castello di Chantilly merita una visita e le meraviglie da scoprire sono ancora molte. Buona esplorazione!