I personaggi del Lapin Agile: un internato lucido e un milionario inconsapevole
Sul pazzo colle di Montmartre esistono molti luoghi che sanno di genio, vino scadente, arte, lettere e follia (non per niente, l’ho ribattezzato Mont-matto!). Il mio preferito è da sempre il cabaret del Lapin Agile, una casetta immutata dai tempi in cui Alice nel Paese delle Meraviglie veniva pubblicato per la prima volta (1865) e che, per certi versi, fu la “nonna mattacchiona”di Montmartre, quella che meglio incarnò il senso di comunità della bohème parigina a cavallo tra due secoli tormentati.
Fu André Gill che, nel 1875, disegnò il coniglio che trasformò il già citato Cabaret degli Assassini nel celebre Lapin Agile (letteralmente “coniglio agile”).
(Per scoprire come mai questa dolce casetta avesse un nome tanto macabro prima di diventare il cabaret del Lapin Agile, leggi “Il Lapin Agile: il cabaret degli assassini e l’orribile crimine di Pantin“)
André Gill era una vera celebrità dell’epoca: disegnatore, caricaturista, pittore, poeta e saggista… (come ho già spiegato, era di moda fare più lavori contemporaneamente, ma ciò non impediva di fare la fame comunque!). Esistono due interessanti versioni dell’aneddoto che spiegherebbe l’origine del nome del cabaret più pazzo di Montmartre ed entrambe riguardano Gill.
Aneddoto 1: dopo la comparsa della nuova insegna la gente del quartiere iniziò a riferirsi al cabaret dicendo: “Ci vediamo dal lapin à Gill (dal coniglio di Gill)”, che si trasformò ben presto in “Lapin Agile”.
Aneddoto 2: qualcuno un giorno scrisse sul muro del cabaret “Là peint Gill” (“Là dipinge Gill”) perché l’artista era un assiduo frequentatore del luogo e la frase, in francese, suonava praticamente come Lapin Agile. Gill, a cui era stata appena commissionata l’insegna, avrebbe sfruttato il gioco di parole scegliendo il coniglio come soggetto e, nel contempo, rese omaggio al lapin en gibelotte (una specie di ragù di coniglio), specialità della casa.
La storia di Gill è uno dei canti più tristi della folle collina di Montmartre, la storia di un artista instancabile che si fece beffe del pomposo governo di Napoleone III attraverso le sue caricature, divenendo di fatto il padre della satira politica.
Tutti sanno oggi cosa sia la “satira politica”, ma quasi nessuno sa chi le diede i natali. Fu sempre Gill a coniare l’espressione, poi diventata di uso comune nel giornalismo francese, “madame Anastasie” per riferirsi alla censura. Le fece pure un ritratto.
Di punto in bianco Gill sconvolse i suoi ammiratori, questa volta senza nessuna ironia né arte: scomparve durante un viaggio a Bruxelles e venne ritrovato dopo alcuni giorni per strada, sporco e disorientato, senza memoria di cosa gli fosse successo.
“Gill è impazzito!”, si mormorò per tutta Parigi, una città letteralmente freddata dalla notizia del suo internamento. Uno dei suoi più cari amici (e, si mormora, amanti) si rifiutò di accettare la pazzia di André e lo riportò a Parigi. Mi riferisco a Jules Vallès, famoso scrittore, giornalista e uomo politico di estrema sinistra che di asili per “alienati” aveva una conoscenza di prima mano: suo padre lo aveva fatto internare a 19 anni perché si era messo in testa di fare l’anarchico. Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, non rimasero in buoni rapporti.
Gill, appena tornato a Parigi, si gettò nella creazione di una nuova opera, “Il Folle”, e non occorre una laurea in psicologia per capire come mai ci si fosse impegnato tanto. La tela venne accettata al Salon del 1882 ma poi venne spostata senza che Gill fosse avvisato, nascondendola di fatto al pubblico. Seguì una nuova crisi, nuovo disorientamento, amnesia e Gill venne internato nella casa di cura di Charenton da cui non uscirà vivo.
Ma Gill era davvero folle? Rimase drammaticamente lucido fino alla fine e non smise mai né di disegnare, né di voler tornare alla sua vita. Non sopportava di venir continuamente drogato, e pensare che i suoi colleghi artisti sarebbero stati disposti a vendere finanche la propria madre pur di esserlo! Più probabilmente, il suo reale problema fu lo stesso di molti altri suoi colleghi: la sifilide, una malattia venerea che attacca i centri nervosi e porta via la lucidità… La follia si prese Gill, degno figlio di Mont-matto, e sono contenta di aver fatto la mia parte nell’estrarlo dall’oblio in cui rischia di cadere.
Ho scelto la casetta del Lapin Agile come luogo perfettamente rappresentativo della geniale follia che invase la butte a cavallo tra XIX e XX secolo, e questo perché non c’è un angolo che bisbigli un maggior numero di storie di personaggi “sopra le righe”, a cominciare dal suo gestore Frédéric Gérard (inizi del xx secolo), meglio conosciuto come Père Frédé.
Père Frédé non negava mai un piatto di zuppa agli artisti squattrinati che bazzicavano il suo locale e perciò non aveva mai un soldo nemmeno lui. Un solo lavoro, dunque, non bastava di certo a sopravvivere, e così di notte Frédé gestiva e animava il cabaret con chitarra e violoncello, mentre di giorno faceva il vasaio e il venditore di pesce. Spesso gli avventori del cabaret lo pagavano in quadri che lui teneva in cantina o rivendeva per due soldi. Adesso quegli stessi quadri valgono milioni…
Lo si vedeva sempre vestito in abiti da cacciatore e in compagnia del fido asino Lolo, una figura importante della storia dell’arte, se i libri di storia dell’arte raccontassero anche le cose divertenti, ma niente paura: questa è la prossima storia di ordinaria follia.
(Per scoprire come Lolo intraprese la carriera artistica e che razza di gente adorabilmente matta frequentasse il cabaret di Père Frédé, leggi “Il Lapin Agile: come il genio e il vino fanno di un asino un pittore“)