Il Lapin Agile: il cabaret degli assassini e l’orribile massacro di Pantin.
Rincantucciato in un angolo della folle butte di Montmartre c’è una casetta che sa di campagna, vino, risate, musica e miseria.
È lì, uguale a se stessa da 150 anni.
La casetta del Lapin Agile è un po’ la nonna di Montmartre e con questo non mi riferisco alla candida vecchietta raccolta sulla sedia a dondolo davanti al fuoco a fare la calza per i nipotini… direi piuttosto una robusta nonna ubriacona dal cuore generoso, quella che mette tutti in imbarazzo alle riunioni familiari e che solo i bambini sanno apprezzare e vedremo perchè.
Tanto per cominciare, questo luogo ebbe diversi nomi curiosi: prima ebbe il ragguardevole titolo di Au Rendez-vous des Voleurs (Al Rendez-vous dei ladri), poi venne promosso a Cabaret des Assassins (il Cabaret degli Assassini) grazie non solo alla dubbia fama che caratterizzava gli avventori del locale, ma anche a questo quadro di cattivo gusto appeso alla parete:
Incuriosita da questa deliziosa scena al chiaro di luna, decisi di approfondire il caso di cronaca nera a cui faceva riferimento.
A Parigi divenne noto come il «massacro del Pantin».
Il protagonista si chiamava Jean-Baptiste Troppmann, ghigliottinato alla tenera età di 21 anni per omicidio efferato, reiterato e immondo di ben 8 membri della famiglia Kinck.
Per amor di precisione aggiungo che non si trattò di un raptus omicida, ma di un assurdo massacro a puntate che sconvolse la fastosa Francia del Secondo Impero (1852-1870).
Iniziai a studiare il caso immaginando che il ragazzo avesse avuto quantomeno un’infanzia difficile, invece scoprii che era “il cocco di mamma” e che era stato avviato a un buona carriera nell’officina di papà.
Ah, “la banalità del male“! Il gesto criminale di Jean non era dovuto a nulla di particolarmente trascendentale anzi, nasceva da un movente talmente banale da risultare deprimente.
Jean-Baptiste Troppmann voleva il successo, il lusso, la fama – magari in America – e voleva tutto subito, ma gli mancava la grana per finanziare certi suoi progetti di impresa.
Un cinico destino lo fece diventare amico intimo dei Kinck, un’agiata e numerosissima famiglia borghese che ai tempi viveva nel nord della Francia e che si fidava di Jean, in quanto giovane socio in affari di Monsieur Kinck.
Ed ecco che la lampadina della depravazione si accese.
Ho provato a riassumere per voi il ragionamento di Jean qui sotto:
Giunse quindi il momento di mettere in atto un piano… piuttosto confuso, come vedremo.
Millantando un grosso affare in cui investire, Jean convinse il padre di famiglia Kinck – che, per cinica ironia della sorte, si chiamava come lui – ad seguirlo in Alsazia.
Al sicuro da sguardi indiscreti, Troppmann uccise Kinck rifilandogli del vino avvelenato. Sperava di trovargli addosso una grossa somma di denaro, ma scoprì solamente due assegni che non poteva incassare.
Jean non si fece prendere dal panico e formulò un nuovo piano – è vero, aveva ucciso per la prima volta, ma evidentemente era deciso a meditare più tardi su quanto la cosa lo avesse sconvolto.
Troppmann decise di spedire gli assegni trovati sul corpo di Jean Kinck alla moglie, Hortense, accompagnandoli con una lettera scritta per conto del marito il quale, disgraziatamente, si era “ferito a una mano” e non era quindi in grado di firmare…
In questa lettera, monsieur Kinck – si fa per dire – pregava la moglie di incassare gli assegni e di spedire il denaro alla posta di Guebwiller, dove progettava di pernottare qualche giorno con l’amico Jean.
La poveretta si fidò – non aveva motivo di sospettare alcunché – ed eseguì gli ordini.
Il denaro giunse così alle poste, ma il genio del crimine non aveva considerato di essere troppo giovane per poter ritirare il denaro spacciandosi per Kinck, e troppo vecchio per passare per suo figlio maggiore Gustave, che di anni ne aveva solo sedici.
Nessun problema, il crimine non dorme mai, né si dà mai per vinto: Jean si rifugiò a Parigi e passò al piano C, ossia scrivere una nuova falsa lettera, questa volta indirizzata al ragazzo.
Il ragazzo obbedì, ma alle poste il denaro non gli venne consegnato perchè aveva dimenticato il documento di identità. Gustave decise di raggiungere comunque suo padre nell’albergo di Parigi dove gli aveva dato appuntamento, ma quando arrivò, trovò solo il caro amico Troppmann a riceverlo. E papà? Strano.
Troppmann, non vedendo un soldo, probabilmente si sarà detto «vatti a fidare degli adolescenti!», ma ancora una volta non si diede per vinto e chiese a Gustave di scrivere un telegramma a mammina…
Inviato il telegramma, Gustave risultava inutile e pericoloso.
Dopo averlo ucciso a coltellate, Troppmann ne seppellì i resti nel campo di Pantin, a nord-est di Parigi, che poco più tardi sarebbe diventato tristemente famoso.
Mme Hortense Kinck, nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, accorse alla chiamata portando con sé i suoi cinque figli.
Il sesto era troppo piccolo e venne quindi lasciato con la balia: fu l’unico membro della famiglia Kinck a sopravvivere al settembre del 1869.
Ricostruire cosa accadde quella fatidica notte tra il 19 e il 20 settembre non è cosa semplice, ma proviamoci lo stesso.
Il proprietario dell’Hôtel du Chemin de Fer du Nord – l’attuale Terminus Nord di Parigi che sorge esattamente di fronte alla stazione delNord – sostenne che, la sera del 19 settembre, Mme Kinck si era presentata alla reception della sua struttura accompagnata dai suoi cinque bambini.
La signora aveva domandato del marito Jean Kinck (il quale, lo ricordo, era morto stecchito in Alsazia).
Un signore rispondente a quel nome aveva effettivamente preso una stanza, ma in quel momento non era presente.
Madame chiese allora altre due camere per sé e i bambini ed uscì poco più tardi per recarsi a un appuntamento, probabilmente con il giovane Troppmann.
La notte era scesa quando una carrozza contenente la donna, i suoi cinque figli e un giovane sui vent’anni (chissà di chi stiamo parlando?), si allontanò dalla stazione del Nord per dirigersi verso Pantin, a nord-est di Parigi.
In cocchiere narrò di come la donna, il suo figlio più grande – tredici anni circa – e il signore che li accompagnava, fossero scesi per primi dalla carrozza, scomparendo nei pressi di un campo.
Come da ordini, il pover’uomo era rimasto in attesa e, poco dopo, vide ritornare il signore per prendere gli altri quattro bambini che, stanchi dal viaggio, dormivano in vettura.
Per il proprietario di quel campo a Pantin, la mattina seguente non sarebbe stata piacevole da ricordare.
Notando della terra smossa e qualcosa spuntare dal terreno, l’ignaro signore si avvicinò e scoprì il corpo di un bambino. Inorridito corse a cercare aiuto. L’incubo era appena cominciato: in tutto vennero rinvenuti sette cadaveri, quello di una donna incinta e cinque bambini, di cui la più piccola aveva appena quattro anni.
Identificate rapidamente le vittime, i sospetti ricaddero subito sui membri mancanti della famiglia, ossia monsieur Kinck e il figlio maggiore Gustave, i quali vennero ricercati inutilmente per giorni. Sfido io…
L’articolo de Le Petit Journal datato giovedì 23 settembre 1869, riporta la testimonianza del proprietario dell’Hôtel du Chemin de Fer du Nord secondo il quale il famigerato “Monsieur Kinck” – che noi sappiamo essere Troppmann – sarebbe rientrato per un breve momento in albergo la mattina dopo il massacro.
Era in compagnia di un “uomo”, non dice “di un ragazzo” Dopo essersi cambiato d’abito, Kinck sarebbe uscito senza fare ritorno.
Le testimonianze erano confuse, contraddittorie e sempre più fantasiose, aizzate dalla stampa che, registrato un picco di vendite senza precedenti, non era mai sazia di nuovi dettagli macabri. Poco importava che fossero anche autentici.
Fu lo stesso Troppmann a tradirsi e a fornire la svolta decisiva alle indagini.
Al porto di Le Havre, un tale Wolf dall’aria piuttosto nervosa che attendeva di imbarcarsi per New York, non poté esibire il passaporto.
Gli venne ordinato di seguire un ufficiale per un accertamento e allora Troppmann – nel caso non lo aveste riconosciuto – per tutta risposta si gettò nel canale.
Non so bene cosa sperasse di ottenere, ma quel che è certo è che venne prontamente ripescato e arrestato.
Addosso gli trovarono la corrispondenza e dei titoli recanti il nome di Kinck. Non era certamente un caso per Perry Mason…
Inizialmente, Troppmann sostenne di essere stato trascinato contro la sua volontà nel terribile piano di vendetta di Jean Kinck e di suo figlio Gustave. Assetati di vendetta a causa delle infedeltà di Mme Kinck, i due avevano pianificato e commesso il massacro dell’intera famiglia per poi costringerlo ad aiutarli a nascondere i corpi nel campo del Pantin. Difficile credere a una storia tanto astrusa.
Finalmente, dopo lungo esitare, Troppmann confessò d’aver ucciso anche Jean e Gustave Kinck.
Nel frattempo, tanto per rendere la vicenda ancor più grottesca, il campo di Pantin era divenuto il luogo di intrattenimento preferito dai parigini, la passeggiata più alla moda.
Sedicenti testimoni oculari in vena di racconti morbosi, venditori di presunte reliquie appartenute alle vittime o di vanghe per cercare cadaveri, turisti, punti di ristoro, borseggiatori… non mancava proprio nulla alla fiera degli orrori e del cattivo gusto.
Per Troppmann la conclusione fu inevitabile:la sua esecuzione in rue de la Roquette radunò una folla smisurata.
Anche quel giorno, Troppmann diede prova della sua incredibile forza e tenacia combattiva: fece saltare le cinghie, dovettero tenerlo fermo e per poco non staccò l’indice al boia con un morso.
Rimane il dubbio – più che fondato – che una persona sola avesse potuto compiere lo scempio di Pantin: durante gli interrogatori Troppmann aveva accennato a dei complici, ma si era sempre rifiutato di dire di più. Inoltre, diverse testimonianze che lo descrivono accompagnato da uno o più personaggi misteriosi. È perfettamente plausibile che Troppmann avesse assoldato dei complici per riuscire nel suo intento, ma allora perché non confessarne i nomi per ingraziarsi la giustizia?
Qualcuno ipotizzò il suo coinvolgimento con potenti gangs di falsari.
Si parlò persino di spionaggio: era l’alba della guerra franco-prussiana e i Kinck vivevano al confine con il futuro nemico. Si ipotizzò che Jean Kinck si stesse occupando di ben altro che semplici affari “borghesi”. Troppmann avrebbe collaborato con le spie prussiane per proteggere il piano dei invasione della Francia? Questo potrebbe spiegare quel «porta tutte le carte» che Troppmann fece scrivere nel telegramma a Gustave prima di ucciderlo?
Nessuna teoria è abbastanza solida.
Quel che è certo è che sulla butte più matta che ci sia, da tutti conosciuta come Montmartre e che io ho ribattezzato “Mont-Matto”, non poteva mancare un aneddoto dedicato alla follia omicida.
Fortunatamente, il Lapin Agile racconta molte altre storie di ordinaria di follia che di malvagio non hanno proprio nulla.
(Per conoscere altre pazze storie sul cabaret più folle di Mont-matto, leggi de “I personaggi del Lapin Agile: un internato lucido e un milionario inconsapevole“)