
La clinica del dottor Blanche: la casa della follia di Montmartre
Forse non tutti sanno che nel XIX secolo a Montmartre, il colle più matto di Parigi, sorgeva una casa di ricovero per alienati mentali unica nel suo genere: la leggendaria clinica del dottor Blanche.
Se tale maison, per l’epoca, era da considerarsi straordinaria, il suo direttore lo era ancor di più.

All’inizio del secolo, quell’uomo non era che un ragazzo di sedici anni, coraggioso e assetato di avventura di nome Esprit Blanche (1796-1852).
Con l’entusiasmo proprio della sua età, Esprit decise di arruolarsi come volontario nella guardia dell’imperatore Napoleone Bonaparte. Sul suo diario, ai tempi di quell’ardita decisione, si legge:
“La società mi annoia; non credo di essere nato per lei”.
Tornato vivo per miracolo dall’infelice campagna di Russia, il giovane decise di consacrarsi agli studi di medicina. Aveva evidentemente concluso che rimettere insieme le persone fosse più piacevole del farle a pezzi.
Tuttavia, non bisogna immaginare che la figura del medico di allora fosse come quella odierna. In effetti, aveva da poco cominciato ad emanciparsi da quella del padre confessore! Si dovrà attendere la fine del secolo per vederla rivestita di quell’aura “sacra” che gli attribuiamo ancora oggi.
Come se non bastasse, Esprit decise di specializzarsi nella cura di pazienti “speciali” di cui nessuno voleva occuparsi e dati per persi in partenza. Mi riferisco ai cosiddetti “alienati“, i “matti”, la crème degli emarginati della società.
Queste povere anime, fino a quel momento, erano state associate al peccato, trattate alla stregua di bestie feroci e ritenute vittime di possessioni demoniache.

Con l’Illuminismo, l’alienato era stato finalmente distinto dall’indemoniato, identificato come “malato” e quindi beneficiante dello condizione di paziente, magari persino curabile.
Esprit, sensibile alle nuove idee, era deciso ad affrontare il problema secondo quest’ottica “moderna”, nonostante il suo secolo non si mostrasse affatto tenera con gli outsiders.
L‘alienato equivaleva all’incubo supremo della società borghese, in quanto uomo che letteralmente era “altro da sé“, un estraneo persino per se stesso. Ricchezza e status sociale non garantivano alcuna protezione: il demone della follia poteva impossessarsi dell’animo di chiunque.

I registri delle poche strutture di accoglienza parigine all’alba del 1800 sottolineano un nesso curioso tra le tipologie di “manie” e i tumulti storici dell’epoca, ad esempio:
- le tensioni tra Chiesa e Stato avevano generato un gran numero di malinconie di origine religiosa, misticismo delirante, ossessioni demoniache, ecc.
- la caduta di Robespierre e la fine del Terrore videro un aumento di crisi nervose violente e molti disturbi del comportamento.
- la caduta di Napoleone aveva invece offerto un picco di pazienti convinti di essere l’imperatore in persona. Il dottor Blanche ne ricoverò uno che, quando non era Napoleone, era Maometto, oppure Genghis Khan, oppure il figlio segreto dell’imperatrice Joséphine e Gesù Cristo…
Sulle cause di questi nessi nessuno si era ancora spinto ad indagare, dopotutto Sigmund Freud e la Psicanalisi devono ancora vedere la luce.
La clinica del chirurgo Prost, presso l’antica folie Sandrin (XVIII secolo) a Montmartre, parve da subito il luogo ideale per ospitare il progetto di Esprit. L’avventura iniziò nel 1821.

(Da leggere anche: Montmartre o Mont-matto? Aneddoti un po’ macabri della collina della follia.)
La clinica privata del dottor Blanche fu la prima casa di ricovero per alienati del suo genere.
Il paziente godeva di un trattamento molto diverso da quello riservatogli nelle carceri, negli ospedali, o negli altri asili per alienati di Parigi: dal dottor Blanche rimaneva una persona.
Ad esempio, una volta una paziente si rifiutò per lungo tempo, ostinatamente, di mangiare. Invece di ricorrere all’alimentazione forzata, come usava allora, il dott. Blanche optò per un metodo “persuasivo”. Pose un infermiere a guardia della paziente giorno e notte di modo che, se le fosse venuto appetito, avrebbe potuto richiederlo e ottenerlo tempestivamente. La signora, esasperata dalla mancanza di privacy, accettò infine di consumare i suoi pasti.
Naturalmente Esprit era figlio del suo tempo e le misure “dure” non erano assenti dalla sua clinica, tuttavia la sua struttura presentava un approccio inedito e le misure estreme non erano scelte spesso e volentieri come altrove. Lo si può considerare un bel passo avanti!
Se tra i suoi “ospiti” vi furono diversi personaggi importanti – non ultima, la famosa Contessa di Castiglione – la maggior parte dei pensionanti della folie Sandrin erano artisti squattrinati senza nessuno disposto a prendersi cura di loro.
Certamente la pensione annuale era considerevole (circa 25 000 euro attuali!), eppure non si può affermare che Esprit Blanche fosse un uomo avido. La sua pessima gestione del denaro – e soprattutto il gran numero di pazienti insolventi – lo portarono sull’orlo del fallimento in diversi momenti.

Il successo della clinica fu tale che dopo venticinque anni di permanenza alla folie Sandrin, il dottor Blanche fu costretto a cercare una nuova sede più grande (1846).
La scelta ricadde su una splendida dimora nobiliare di Passy che al tempo era un piccolo villaggio alle porte di Parigi (oggi è parte del XVI arrondissement).
La struttura nota come hôtel de Lamballe era legata al ricordo di una donna che fu l’emblema della devozione e dell’amicizia: Madame de Lamballe, fedele confidente della regina Marie-Antoinette, si ritirava presso il suo hotel di Passy per alleviare la profonda malinconia e le crisi nervose che la tormentavano. Si sarebbe detta una dimora con una vocazione, insomma.

In questa serie di articoli, intendo ripercorre alcuni dei casi più notevoli di cui il dottor Blanche dovette occuparsi. Il primo tratta della Storia del coraggio incredibile di Madame de Lavalette, nipote dell’Imperatrice Joséphine, prima moglie di Napoleone Bonaparte…

