Il Cabaret du Chat Noir: come nacque la leggenda
Posters, sottobicchieri, stampe, magliette… la locandina della tournée dello Chat Noir decora i più venduti souvenirs di Parigi, ma quanti conoscono la storia che si cela dietro il muso insolente del gatto nero?
La locandina è opera del più “gattofilo” degli artisti di Montmartre, Théophile-Alexandre Steinlen (1859-1923) e risale al tempo in cui il Cabaret du Chat Noir si trovava all’apice del successo, ma cominciamo dal principio.
Atto primo
Il fondatore del cabaret du Chat Noir, il pittore Rodolphe Salis (1851 – 1897), era un irriverente sbruffone “che non rispettava niente e nessuno”.
Il suo locale ne incarnò la tempra, dando il là al vivace quartiere ai piedi della butte di Montmartre. Come lui stesso amava affermare:
«Dio creò il mondo, Napoleone la Legion d’Onore, ma io ho creato Montmartre».
Facendo leva sulle potenzialità del quartiere più effervescente di Parigi, il cabaret di Salis offrì un rifugio ai figli inquieti della Belle Époque.
Il luogo in questione era un angusto ufficio postale dismesso ubicato al numero 84 di boulevard de Rochechouart, ai piedi della collina di Montmartre.
Le sue porte aprirono alla fine dell’anno 1881.
Il locale misurava 3 metri per 4 e in tutto poteva ospitare al massimo una trentina di persone, ma durante la bella stagione era possibile sfruttare la terrasse, ossia il marciapiede che costeggiava il boulevard, opportunamente ingombrato di sedie e tavolini.
L’icona dei parigini seduti stretti stretti ai tavolini dei cafés risale proprio a questo periodo, ossia ai decenni che seguirono le estese trasformazioni urbane promosse dal prefetto della Senna, il barone Haussmann (metà XIX secolo).
Con l’arrivo degli ampi boulevards, i cafés e i ristoranti poterono beneficiare per la prima volta di uno spazio esterno impensabile nelle vie medievali della vecchia Parigi.
Il cabaret di Salis era arredato con gusto eclettico d’ispirazione medievale-rinascimentale, con la pretesa di imitare lo stile Louis XIII, ma non ritengo che Sua Altezza reale avrebbe apprezzato la paccottiglia da due soldi che vi era stata racimolata.
Tra questa, si citano in particolare un cranio umano e un corvo, che secondo alcune testimonianze sarebbe stato vivo, per altre impagliato, ma potrebbe benissimo aver attraversato entrambe le fasi.
Narra la leggenda che, durante i lavori, un gattino nero sia venuto a curiosare tra la polvere e gli attrezzi. Il felino venne adottato e insignito dell’onorevole titolo di mascotte del nuovo cabaret di boulevard de Rochechouart.
Per iniziare, Salis ebbe la brillante idea di invitare il Circolo degli Hydropates (‘coloro che l’acqua rende malati’), un irriverente club letterario formatosi nel Quartiere Latino, a Sud della Senna, i cui membri si riunivano una volta a settimana per leggere poesie.
Che clima si respirava all’interno del locale, oltre la cappa di fumo dei sigari e delle pipe?
Prima di tutto si riceveva il pomposo benvenuto di Salis: «Signori miei, miei gentiluomini, vostre Altezze Elettorali…»
Poi, tra boccali di birra, bicchieri di acquavite e di assenzio, i versi si mescolavano alle canzoni, ai dibattiti, perfino alle zuffe.
Gli speciali avventori dello Chat Noir operavano senza sosta a colpi di penna, pennello, scalpello o chitarra per denunciare i crimini della Parigi “benpensante”.
La figura dell’artista aveva abbandonato l’aura tenebrosa e sacrale di cui si era ammantata all’epoca di Charles Baudelaire (1821-1867), per tingersi dei toni satirici e amari tipici della generazione disincantata della Comune. Il bagno di sangue del maggio 1871, terribile massacro di francesi contro francesi, aveva lasciato una profonda ferita, i cui lembi avevano inghiottito una dopo l’altra le speranze di un avvenire migliore, più giusto, diverso da tutto ciò che si era conosciuto fino a quel momento.
La bohème artistica che frequentava lo Chat Noir era dunque disillusa da un certo punto di vista, ma pur sempre combattiva.
A partire dagli anni 1880 si impossessò gradualmente della zona di Montmartre, facendone una sorta di territorio indipendente in cui i cabarets, cafés e ristoranti fungevano da quartier generale.
Gli artisti avventori parteciparono di buon grado alla realizzazione del decoro interno del locale di Salis, come nel caso di Adolphe Willette, che sarebbe divenuto famoso per aver disegnato, tra le altre cose, la facciata del celebre Moulin Rouge poco distante. A lui si deve l’insegna del cabaret conservata oggi al musée Carnavalet di Parigi.
Continua…