L’Atelier des Lumières, dove l’arte prende vita
Lasciate i problemi di ogni giorno all’ingresso, tanto l’esperienza che state per vivere ve li farà dimenticare comunque.
Immaginate di errare tra l’ipnotico comporsi, decomporsi e combinarsi di volumi, forme e colori di un’opera d’arte a ritmo di musica: questo vi darà un’idea di che cosa sia l’Atelier des Lumières (‘L’Atelier delle Luci’), il centro d’arte digitale di Parigi.
Lo sfondo maestoso dei suoi spettacoli fluttuanti sono gli immensi ambienti di una fonderia costruita quasi duecento anni fa.
A Parigi, i vecchi stabilimenti industriali che hanno avuto ruoli di primo piano per poi veder tramontare la loro epoca sono molti.
Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, questi mastodontici custodi del passato hanno subito una demolizione a tappeto, ma oggi vengono debitamente rivalutati e restaurati, mettendo nuovamente a disposizione della cittadinanza architetture eccezionali e ampi spazi difficili da trovare in centro.
(Da leggere anche La Società delle Ceneri: fare shopping in una fonderia ottocentesca)
Ed ecco varcata la soglia dell’Atelier des Lumières. Siamo nell’XI arrondissement, al 38 di rue Saint-Maur:
La fonderia Plichon fu un gigante dell’era industriale che, dal 1835 al 1935, riforniva la Marina, l’Armata, le ferrovie e l’industria automobilistica (Packard e Renault). L’impresa era specializzata nello stampaggio di elementi in ferro di grosso taglio (fino a 10000 kg!) e durante la Belle Époque conobbe l’apoteosi del suo successo.
Oggi la struttura pare fuori posto nel vivace quartiere che lo circonda, ma vi invito a fare un salto nel tempo.
All’epoca in cui la famiglia Plichon fece erigere la fonderia, l’area orientale di Parigi abbondava di attività artigianali e mano d’opera. Pensiamo dunque di attraversare gli scenari drammatici e fuligginosi dipinti nei romanzi di Charles Dickens, oppure ai quadri strazianti narrati ne I Miserabili da Victor Hugo, che per di più non abitava troppo distante.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, le cose iniziarono ad andare male.
Il rapido progresso della tecnologia, si sa, non aspetta nessuno e negli anni Venti la fonderia – che non era riuscita a rimanere al passo con i tempi – perse i suoi maggiori clienti (la Marina e le ferrovie) fino a chiudere definitivamente le sue fornaci nel 1935.
Che fare dunque di un luogo emblematico dell’era industriale? Niente di meglio che un tempio dell’era digitale!
Dopo due anni di lavori, i 3300 mq di superfici che comprendono il pavimento, il soffitto e le pareti della fonderia – le quali raggiungono i 10 metri di altezza! – sono stati trasformati in uno spazio espositivo di nuova concezione che propone un’esperienza da far girar la testa, la cosiddetta “Arte immersiva”.
All’origine di tutto, troviamo Culturespaces, un’iniziativa fondata nel 1990 con l’obbiettivo di proporre un modello di fruizione dell’arte alternativo. Grazie alle possibilità offerte dall’era digitale, capolavori della storia dell’arte mondiale difficili o impossibili da trasportare possono venir virtualmente riuniti nel medesimo luogo, così da poter essere apprezzate da un pubblico più vasto e in modo assolutamente inedito.
Senza nulla voler togliere alle tradizionali mostre d’arte, l’esperienza proposta all’Atelier des Lumières è l’unica in cui
«…il visitatore ha l’impressione non di essere un osservatore piazzato di fronte a un quadro, ma di essere al cuore stesso dell’opera».
Bruno Monnier
presidente di Culturespaces
Grazie all’equipe di Gianfranco Iannuzzi – autore delle spettacolari proiezioni sulle facciate delle cattedrali francesi che hanno incantato migliaia di visitatori – l’antica fonderia si è convertita in un moderno Paese delle Meraviglie.
Le esposizioni effimere dell’Atelier des Lumières somigliano a incantesimi la cui formula magica è AMIEX® (Art & Music Immersive Experience), un dispositivo che unisce immagine, suono e tecnologia.
Fino al 3 gennaio 2021, venite a bearvi dell’arte di Renoir, Monet, Pissarro, Matisse, Signac, Derain, Vlaminck, Dufy, Chagall… che, per l’occasione, prenderà vita a ritmo di musica!