Sulle tracce della Lepre di Marzo: Worth, uno stilista imperiale
Chi mi segue da un po’ sa che al momento siamo in emergenza: la Lepre di Marzo, vecchio amico del Cappellaio Matto, è sparito in preda ai suoi nuovi amori primaverili e questa volta l’oggetto della sua passione è una bellezza russa, la contessa Varvara Rimsky-Korsakov, che abbagliò col suo charme la Parigi di Napoleone III (e oso pensare anche Napoleone III stesso, visto il noto debole dell’imperatore per le belle donne!).
“Galeotto fu il dipinto e chi lo dipinse”, mi riferisco al bel ritratto che Franz Xaver Winterhalter fece alla bella Varvara e che causò il disastro.
(Per sapere come avvenne il fatidico colpo di fulmine leggi “Una chioma di seta e spalle scoperte: la Lepre di Marzo è innamorata!“)
Ho già spiegato come all’epoca non vi fosse dama altolocata che non sognasse un ritratto di monsieur Winterhalter, il pittore più alla moda durante il Secondo Impero di Napoleone III (leggi “Winterhalter, il pittore “fammi-bella“).
È stato proprio il ritratto di madame Korsakov a portare alla luce un nuovo indizio: il suo vaporoso abito di mussolina non poteva che essere opera del sarto più in voga del periodo, fornitore ufficiale della corte imperiale: Charles Frederick Worth (1825-1895).
Senza mai perdere il suo forte accento dovuto alle origini inglesi, monsieur Worth non sarà stato il primo della classe in francese, ma di certo fu il primo del suo genere. Couturier, stilista, fashion designer… chiamatelo come vi pare, ma una cosa è sicura: lui si riteneva un artista e lo dimostrava vestendo abiti da pittore sul posto di lavoro.
La prima “etichetta” la si deve a lui. Pare infatti che il ritratto della bella Varvara avesse ottenuto una tale fama da suggerirgli l’idea di contrassegnare i suoi abiti. Worth fece allora ricamare la propria griffe su strisce di seta cucite internamente.
Charles Frederick Worth fu dunque ben più di un sarto. La sua creatività era seconda solo al suo raffinato giudizio estetico che gli permetteva di consigliare alle sue clienti cosa mettersi, un aspetto del tutto nuovo per un realizzatore di abiti. Il suo parere era tenuto in una tale considerazione che le dame non osavano presentarsi a corte senza che lui avesse prima ispezionato la loro toilette. Un ritocco qua, un drappeggio là, un fiore in meno, uno in più, lo scialle deve cadere così etc…
Prima di lui, le sarte (sì, perché erano solitamente donne!) si recavano personalmente a casa delle loro clienti per prendere le misure necessarie alla realizzazione dell’abito. Worth, invece, poteva concedersi il lusso di non muoversi dal suo salon che aveva aperto nel 1858 al 7 di rue de la Paix. Per l’imperatrice era prevista un’eccezione, bien sûr!
Worth fu il primo nel suo settore ad impiegare tessuti tinti con coloranti di nuova generazione (es. l’anilina) che creavano colori accesi mai visti prima. Questo effetto, unito alla forma a corolla delle gonne rese smisurate dalle crinoline (le strutture di sostegno sottostanti), trasformava le sale da ballo in una distesa vivace di fiori ondeggianti, il tremolio dei ventagli come tante ali di farfalla.
Seguendo il Bianconiglio ho ritrovato la palazzina da cui uscivano le meraviglie di tessuto create da Worth, il suo leggendario salon, ma della Lepre di marzo, purtroppo, ancora nessuna traccia.
Non intendo certo darmi per vinta e proseguirò nelle ricerche concentrandomi, in particolare, su un nuovo indizio che mi è stato offerto proprio da monsieur Worth: la vita di corte, i balli, le feste ai tempi del Secondo Impero!
(Leggi il seguito delle indagini in “Sulle tracce della Lepre di Marzo: la contessa che amava dare scandalo“)