Palais-Royal: la Las Vegas parigina scomparsa
A Parigi, di fronte all’ala nord del Louvre, si erge un palazzo che ha una storia ricca quanto quella del suo illustre vicino.
Palais-Royal, oggi sede del Consiglio di Stato e del Ministero della Cultura, nasconde un passato torbido e affascinante, un turbinio di ideali, vizi, sogni, speranze, crimini e vergogne.
Un accesso discreto sulla sinistra del palazzo consente di accedere ai giardini e alle eleganti gallerie porticate volute dall’erede di Palais-Royal, il duca Louis-Philippe d’Orléans (1747-1793) nel 1784.
Sua Altezza reale, cugino del re Louis XVI, per far fronte ai debiti aveva deciso di far erigere lungo il perimetro del giardino della sua proprietà una serie di locali da affittare per attività commerciali.
Fu dunque a causa di una banale speculazione immobiliare che Parigi si dotò di un centro commerciale ante litteram che era anche un concentrato di attività illecite.
Sale da gioco, case di piacere, circoli politici clandestini… Bastava pagare l’affitto al duca in cambio dell’immunità.
Già, perché a Palais-Royal la polizia non poteva mettere piede!
A questo si aggiunga la vicinanza della Borsa che attirava uno sciame di speculatori e truffatori, più le numerose sale da spettacolo, delle quali la più famosa è ancora oggi la Comédie-française, anche se prese sede qui solo nel 1799.
“Se la capitale di Francia è Parigi, Palais-Royal è la capitale di Parigi”(de Lamothe-Langon, romanziere, 1825)
Iniziamo dunque il nostro viaggio nel tempo attraverso le gallerie di questa scomparsa Las Vegas parigina che, a cavallo tra XVIII e XIX secolo, attirava soldati, truffatori, avventurieri e intellettuali da tutto il mondo.
(Da leggere anche Palais-Royal: da palazzo ducale a “Tempio della Voluttà”)
Galleria di Montpensier (ovest)
Numeri 7 – 12
Siamo piombati negli anni della Rivoluzione.
Sotto queste arcate della galleria ovest (galérie Montpensier), dal 1787 esiste il Café Corazza, locale perfetto per un gelato, ma attenzione a disquisire di politica: questo era il quartier generale dei giacobini, la fazione repubblicana che decise il bello e il cattivo tempo a Parigi per diversi anni.
Molte delle decisioni, dei complotti e delle manovre politiche di cui si legge oggi nei libri di storia sono stati discussi ai tavolini del Café Corazza!
Al piano superiore di quelle stesse arcate avremmo invece l’atmosfera era più leggera, o almeno tentava di esserlo. Le sale da gioco che vi erano ospitate attiravano frotte di clienti. Particolarmente famosa era la “Pince-C...” (‘Pizzica-C…’; a voi lascio il piacere di terminare il nome come più vi aggrada).
Attenzione a non avvicinarvi troppo alle finestre aperte però: i suicidi di avventori completamente rovinati erano frequenti!
Numero 17
Vi suggerisco di spendere due soldi e di entrare nello spettacolare Cabinet delle figure di cera del dottor Philippe Mathé-Curtz, detto Curtius. Dal 1770 il dottor Curtius, medico e scultore, aveva avuto la brillante idea di utilizzare la cera, allora già in uso per le riproduzioni anatomiche, per ritrarre le celebrità dell’epoca. Il narcisismo della sua clientela aristocratica gli valse un incredibile successo e dal 1785 i suoi capolavori vennero esposti proprio qui, sotto alle arcate di Palais-Royal. Curtius fu il primo a presentare figure in cera a grandezza naturale rappresentanti le grandi personalità dell’epoca, le quali non godevano della visibilità oggi consentita dalla stampa e dai media. Era possibile, ad esempio, ammirare la famiglia reale a tavola, una visione tutt’altro che comune per i cittadini di Parigi.
Ad aiutare il dottore vi era la sua dotatissima nipote adottiva, la famosissima Madame Tussaud! In tempi meno felici, ossia in piena Rivoluzione, Madame Tussaud si troverà costretta a proseguire il suo lavoro realizzando maschere funerarie (e mi permetto di aggiungere che il lavoro non dovette mancarle di certo). Tra le sue creazioni non vanno dimenticate quella della regina Marie-Antoinette, di Louis XVI, di Robespierre…
Numero 36
E adesso concediamoci un po’ di galanteria al Café des Milles Colonnes (‘Caffé delle Mille Colonne’), dove in realtà le colonne erano solo una trentina, ma riflesse da specchi strategicamente posizionati per creare l’illusione. Nel 1815 avremmo fatto la fila assieme a numerosi galanti pur di gettare uno sguardo su La Belle Limonadière (‘La Bella Venditrice di Limonata’) che in verità si chiamava Madame Romain ed era la moglie del proprietario.
Costei era nota per la sua straordinaria bellezza e sedeva in bella vista come un’opera d’arte, attirando folle di adoratori che facevano la fortuna del locale. Non sappiamo se Monsieur Romain fosse geloso o meno, ma quel che è certo è che, dopo la morte accidentale del marito avvenuta nel 1826 per una caduta da cavallo, la bella vedova si ritirò definitivamente in convento. La fama delle sue grazie era tale che le vennero dedicati poemi e canzoni e non cessarono le citazioni letterarie a lei riferite nemmeno decenni dopo la sua scomparsa, ad esempio in César Birotteau di Balzac.
Numeri 57-60
Attenzione al fiero Café de Foy da cui partì nientemeno che la presa della Bastiglia! Questo luogo dato al ristoro dall’aspetto del tutto innocuo godeva, dal 1784, di ben sette arcate e i suoi tavolini divennero presto un apprezzato luogo di ritrovo degli onnipresenti giacobini i quali, evidentemente, preferivano discutere di politica ed esecuzioni davanti a un buon gelato, a una limonata o ad un caffè.
Il 12 luglio 1789, Camille Desmoulins, avvocato e giornalista amico intimo di Robespierre, balzò su uno dei tavoli all’aperto pronunciando a gran voce il suo leggendario discorso che si concludeva con l’incitazione “aux arms!” (‘alle armi!’). La sommossa era partita, la Bastiglia aveva i giorni contati…
Numeri 68-75
Giunti a questo punto, potremmo concederci un buon spettacolo al teatro di Beaujolais, poi detto Teatro des Variétés, diretto – udite, udite! – da una donna, Marguerite Brunet, detta Mademoiselle Montansier (1730-1820), favorita dal re Louis XVI e dalla regina Marie-Antoinette.
La Montansier aveva sessant’anni al momento dell’inaugurazione del teatro, ma la sua carriera era al culmine e la sua vitalità inarrestabile. Il suo ottimo naso per gli affari le suggerì, vista la location licenziosa rappresentata da Palais-Royal, di ammettere delle cortigiane nel foyer del suo teatro. Non per niente, le diciassette arcate controllate da Mademoiselle ospitavano, oltre al teatro, anche due case di piacere.
Il successo del teatro fu tale che la troupe della Comédie-française, sua vicina e rivale, non potendone più di una sala mezza vuota mentre la Montansier faceva il tutto-esaurito, ottenne dall’imperatore Napoleone I un decreto che la costringesse a levare le tende, ma la quasi ottantenne Mademoiselle dimostrò d’aver forza sufficiente a vincere anche l’imbattibile Bonaparte.
A seguito delle continue proteste della troupe, dei suoi fedeli amici e di lei stessa – una vera tigre! – Napoleone cedette e le concesse la propria protezione, oltre al permesso di costruire un nuovo Théâtre des Variétés su boulevard Montmartre. L’edificio sorse nel 1807 e tutt’ora esiste!
Il bel teatro che si vede esternamente ai giardini di Palais-Royal, affacciato all’angolo tra la rue de Montpensier e la Rue de Beaujolais, è il Théâtre du Palais-Royal. Dopo che Mademoiselle Montansier fu costretta a lasciare la sua sala da spettacolo, il teatro venne rinnovato e riaperto nel 1831. La sua splendida facciata con mosaici di Sèvres, però, fu disegnata da Paul Sedille solo cinquant’anni più tardi (1880).
Galleria di Beaujolais (nord)
Numero 82
Al piano nobile, visse la stessa Mademoiselle de Montansier, la direttrice del teatro accanto. Le finestre del suo salon si affacciavano sui bei giardini di Palais-Royal, mentre all’interno si accalcavano compositori, poeti, artisti, drammaturghi, giornalisti, attrici e cortigiane celebri… un vero centro di scambio intellettuale!
Tra queste mura, la grande Montansier – a cui Parigi non ha dedicato nemmeno una strada, o una targa! – si spense dopo novant’anni di battaglie, ma certa d’essersi battuta fino all’ultimo per se stessa, i suoi teatri, i suoi attori.
Numeri 79-86
A questo punto della passeggiata, potremmo prenderci una pausa gustosa in uno dei tanti cafés che si propongono davanti ai nostri occhi ma… quale scegliere? La concorrenza è spietata e sono uno più intrigante dell’altro!
Ecco ad esempio il café de Chartres, (numeri 79-82), fondato sotto il regno di Louis XVI e attivo fino al 1820. Alcuni dettagli della boiserie delle pareti sono ancora conservati, ma i sontuosi decori interni di stile neoclassico ispirati agli affreschi di Pompei – potete spiarli dalle vetrine! – risalgono in gran parte al 1820, anno in cui Jan Véfour, il nuovo proprietario del café de Chartres, decise di aprire un ristorante di lusso che portasse il suo nome.
Il Grand Véfour è ancora oggi un vero gioiello della gastronomia francese, ma noi che stiamo facendo una passeggiata nel passato delle gallerie, teniamo gli occhi bene aperti: nel XIX secolo, all’ora di pranzo, non sarebbe stato insolito veder entrare Victor Hugo, Alexandre Dumas, Lamartine, la Belle Otéro… e più tardi Colette, Maria Callas, Jean Cocteau…
Proprio accanto, Le Véry (numeri 83-86) ci avrebbe attirato per il suo menu a a prezzo fisso, una completa novità per Parigi! Il ristorante aprì le porte in piena epoca napoleonica (1808) e dovette vedersela con la concorrenza spietata del Grand Véfour, che giunse infine ad inglobarlo nel 1859.
Nel 1806, in uno degli appartamenti sovrastanti la galleria di Beaujolais, si spense a settantaquattro anni il pittore Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), famoso per i suoi quadri libertini. L’artista aveva lavorato a corte per i maggiori dignitari e sporcaccioni di Francia, ma dopo la Rivoluzione francese, essendo venuti a mancare i suoi mecenati, si trovò nell’indigenza. Come se non bastasse, la sua tomba, al cimitero di Montmartre è irriconoscibile e perciò perduta per sempre.
Numeri 89-92
Personalmente, avrei speso qualche tempo al café du Caveau o du Perron dove, negli anni 1780, si discuteva animatamente di musica, nello specifico di due compositori che si contendevano l’Opéra: una fazione difendeva l’italiano Nicolò Piccini, l’altra sosteneva Christoph Willibald Gluck, insegnante di canto della regina Marie-Antoinette e suo favorito compositore.
Numero 99
A questo punto la nostra attenzione sarebbe certamente stata attratta dalla fila di persone in attesa davanti al café Méchanique, una trovata meravigliosa che aprì le porte nel 1785 e chiuse ai primi moti della Rivoluzione francese (1789). Una volta all’interno, non avremmo visto alcun personale, eccetto la cassiera. Ci saremmo accomodati al tavolo sulla cui superficie sarebbe subito apparsa un’apertura attraverso la quale trasmettere a voce l’ordinazione. Tale apertura – o, meglio, l’estremità di un monta-vivande meccanico – si sarebbe richiusa per lasciar apparire poco dopo quanto richiesto!
Numeri 100-102
A questo punto abbiamo dimostrato sufficiente coraggio per infilarci al Café Lamblin o Lemblin, aperto dal 1805.
Fino al 1830, la piazza politica francese era contesa da due fazioni principali, sapientemente rappresentate dal pittore Boilly in questo dipinto che rappresenta proprio una scena tipica del café Lamblin: a destra, gli “ultras”, i conservatori nostalgici dell’Ancien Régime e della monarchia, sono rappresentati da un giocatore anziano che sfoggia la decorazione dell’Ordine di San Luigi – antico ordine cavalleresco – e delle aristocratiche culotte; a sinistra, un più giovane avversario vestito all’ultima moda – decisamente più borghese – sfoggia la legion d’onore, un ordine cavalleresco istituito dopo la caduta della monarchia da Napoleone Bonaparte. Inutile dire che le risse erano all’ordine del giorno, al punto che, sotto al bancone, si tenevano pronte delle spade di emergenza, che non si sa mai.
Galleria di Valois (est)
Numero 113
Scampati miracolosamente alla zuffa, eccoci caduti nelle grinfie di un vero angolo del peccato. Sotto l’arcata, durante la Rivoluzione francese, il Café Fevrier fu scena di un famoso omicidio. Il 20 gennaio 1793 – si era appena concluso il processo che condannava a morte il deposto re Louis XVI – un’ex-guardia del corpo del sovrano entrò al café e si diresse verso il marchese Le Peletier de Saint-Fargeau il quale, dopo diverse esitazioni, aveva votato a favore dell’esecuzione. Ecco lo scambio che avvenne tra i due, secondo le testimonianze:
«Sei tu quello scellerato di Lepeletier, che ha votato la morte del re?», domandò il soldato.
«Ho votato secondo la mia coscienza, che ti importa?»
«Tieni, ecco la tua ricompensa».
…e il marchese si ritrovò trafitto da una lama di spada.
Sempre qui, in una sala da gioco del piano superiore, il terribile feldmaresciallo prussiano Blücher perse una cifra stellare alla roulette. Era il 1815 e il feldmaresciallo aveva appena sconfitto Napoleone a Waterloo, nonché invaso Parigi con le sue truppe. Si disse che Blücher avesse perso al gioco l’equivalente di 48oo0 euro in una sola notte, una rivincita notevole per il popolo parigino!
Numeri 119-120
Dal 1784 al 1870, avremmo potuto assistere ai licenziosi spettacoli del teatro erotico di marionette e ombre cinesi, il mitico, Théâtre de Séraphin. Sozzerie e spettacoli per bambini nello stesso luogo: com’erano moderni questi questi antichi! Alcune rare tracce sono sparse per i musei parigini.
Sul lato esterno della galleria, quello che dà sulla strada e precisamente al numero 11 di rue Valois, altre meraviglie attendevano i curiosi danarosi in grado di permettersi un biglietto per le Soirées fantastiques (‘Serate fantastiche’) di Monsieur Eugène Robert-Houdin, padre dell’illusionismo moderno.
Gli spettacoli si tennero qui dal 1845 al 1852 e, nonostante il prezzo, fecero sempre il tutto esaurito.
(Da leggere anche Breve storia parigina della Magia: fantasmagorie, illusionisti e musei dell’impossibile)
Numero 177
Avete per caso bisogno di assassinare qualcuno per “una buona causa”? La coltelleria Badin può soddisfarvi! Proprio qui, l’enigmatica Charlotte Corday acquistò il fatidico coltello con cui poi assassinò il fanatico rivoluzionario Jean-Paul Marat.
Nel breve tempo che le rimase da vivere dopo la sua impresa, la bionda Charlotte, 25 anni, bella, educata e con un passato senza macchia, divenne una leggenda vivente. Il processo fu uno dei più surreali del periodo: la calma glaciale e il candore di Charlotte furono tali che i presenti dovettero constatare come la sua difesa consistesse “nel non averne nessuna“, dato che la bella non fece alcuno sforzo per negare la propria colpevolezza. La farsa venne sfiorata quando un avvocato dell’accusa sostenne che Charlotte doveva essersi “esercitata a lungo” con le armi da taglio per riuscire a uccidere con un colpo solo e che quindi l’omicidio doveva esser stato premeditato molto tempo prima.
«Oh! Che mostro!», esclamò lei, “Mi prende per un’assassina!“.
Mah…
(Per sapere tutto su questo folle gesto leggere anche Charlotte Corday: il processo surreale di una bella assassina)
Spero abbiate gradito questo breve giro tra i fantasmi delle gallerie di Palais Royal; la prossima volte che vi aggirerete nei suoi bei giardini, grazie a quel che ora sapete, la passeggiata potrebbe sembrarvi meno tranquilla.