I fantasmi di Chantilly: l’era di Rousseau
Questo articolo fa parte di una serie che ripercorre alcune delle tappe del favoloso Maria Antonietta Tour 2019, ideato da Alice Mortali, presidente di Aimant, Associazione Italiana Maria Antonietta (trova la serie completa qui).
Visita guidata al castello di Chantilly (4ˆ parte)
Il piccolo Louis-Joseph de Bourbon-Condé (1736-1818), a soli quattro anni, era l’erede di una delle maggiori fortune del regno di Francia.
Il giovane duca era fiero delle proprie origini e lo dimostrò riprendendo il titolo del suo illustre avo – il Grand Condé – che suo padre aveva deciso di abbandonare. Louis-Joseph fu l’ultimo prince de Condé.
Fedele alla tradizione di famiglia, il principe apportò delle migliorie a Chantilly, come abbiamo visto fare a suo padre prima di lui.
(Da leggere anche I fantasmi di Chantilly: il Secolo dei Lumi)
La sua attenzione si concentrò in particolar modo sugli esterni perché, nel XVIII secolo, era la spettacolarità del giardino a rappresentare la ricchezza e la raffinatezza del padrone, a volte persino più della residenza.
I giardini ad Ovest del castello di Chantilly – che già nel Seicento avevano sbalordito la corte del Re Sole – vennero ulteriormente arricchiti e trasformati in una sorta di antenato dei nostri parchi di divertimenti: giochi, labirinti, sale da spettacolo o per la musica, persino boschetti idilliaci trasformati in appartamenti en plain air…
Forse fu la nostalgia a spingere Louis Joseph a erigere proprio qui, sulla punta dell’Isola dell’Amore, il padiglione di Venere (1765).
Al suo interno, la piccola costruzione era decorata da scene galanti e campestri, come voleva il gusto del tempo. In corrispondenza delle finestre, dei getti d’acqua creavano incantevoli giochi di luce.
Perché la nostalgia? Perché solo cinque anni prima, a seguito di una lunga e penosa malattia, il principe aveva perso la sua amata sposa, Charlotte Élisabeth Godefred de Rohan-Soubise (1737-1760).
Nonostante avesse appena ventitré anni, il principe non volle più risposarsi se non in tarda età – e dopo una relazione durata anni – con la vedova del principe di Monaco, Maria Caterina de Brignole (1808).
Il padiglione di Venere non sopravvisse agli anni di abbandono che seguirono lo scoppio della Rivoluzione francese – il principe emigrò all’estero per mettersi a capo dell’armata controrivoluzionaria – ma durante il XIX secolo una parte dell’isola dell’Amore venne restaurata e dunque merita una visita.
Il figlio del principe, Louis Henri de Bourbon (1756-1830) si sposò nell’aprile 1770 con Bathilde d’Orléans (1750-1822), la sorella del duca di Chartres, il futuro Philippe Égalité, della cui controversa vicenda abbiamo già parlato (leggi l’articolo dedicato).
Per festeggiare l’avvenimento, Chantilly si dotò di una struttura degna di accogliere i membri delle famiglie più illustri del regno.
A Est del castello venne eretta, nel 1769, una lunga ala neoclassica completamente indipendente.
La spettacolare dependence per gli ospiti era sormontata da un tetto in stile italiano, sarebbe a dire basso e celato da una balaustra di pietra. All’interno furono ricavati sedici appartamenti, distribuiti su due livelli.
A dispetto dei fastosi festeggiamenti, l’unione fu infelice – sarà perché lo sposo aveva appena quattordici anni e la sposa venti?! – tanto che i coniugi si separarono nel 1780.
L’unico erede della coppia, Louis Antoine de Bourbon, duca d’Enghien (1772-1804), diede il nome al nuovo edificio – che fu quindi ribattezzato lo château d’Enghien – perché vi aveva soggiornato appena nato, dopo essere sopravvissuto per miracolo al parto.
Ormai sappiamo che le classi benestanti del XVIII secolo furono profondamente influenzate dalle opere di Rousseau e dallo stile di vita informale, libero e “naturale” che evocavano. Ora, benché la vita campestre che la nobiltà sognava fosse totalmente idilliaca e ben lontana dalla realtà, i giardini dovettero adattarsi alla fantasia.
Il Principe di Condé volle dotare il parco orientale di Chantilly di un giardino all’ultima moda, in stile cosiddetto anglo-chinois (‘anglo-cinese’), ossia l’esatto contrario del giardino alla francese che fino ad allora aveva avuto il posto d’onore.
L’era del Romanticismo muoveva allora i primi passi. La ragione cedeva il passo al sentimento e così, ad un paesaggio dominato dall’ordine e plasmato dalla mano dell’uomo, si preferì una natura mano a mano più libera, incolta, “imprevedibile”.
Anche la regina Marie-Antoinette dotò il suo personale rifugio, il Petit Trianon a Versailles, di un giardino anglo-chinois, seguendo l’esempio di quello del principe di Condé a Chantilly e del duca di Chartres a Parigi (area dell’odierno Parc Monceau).
Lo stesso dicasi dell’Hameau che il principe fece realizzare a Chantilly, il borgo “perfetto” realizzato su progetto di Leroy tra il 1775 e il 1783 che Mique, l’architetto preferito della regina, ammirò di persona. La somiglianza con l’Hameau del Petit Trianon risulterà subito evidente a chiunque vi sia stato.
Gli edifici – o le capanne, se preferite – sono costruiti in legno, calce e paglia. Ciascuno svolgeva una funzione differente: sala da biliardo, da lettura, da pranzo. L’interno di quest’ultima è affrescato con una boschereccia, un illusione pittorica che imita un bosco o un paesaggio campestre.
Dopo la presa della Bastiglia e lo scoppio della Rivoluzione francese, il principe decise di abbandonare la Francia deluso dalla condotta troppo “morbida” del re Louis XVI.
Il periodo più buio di Chantilly era iniziato. Dopo la caduta della monarchia (10 agosto 1792), non fu più possibile proteggere il castello dai saccheggi.
Sotto il regime del Terrore, il castello ormai svuotato dei suoi beni mobili divenne una prigione, le scuderie una caserma. Il parco venne lottizzato e venduto, così come il Grand Château, che venne demolito e venduto pietra per pietra.
Ma il domaine di Chantilly era ben lontano dal venir abbandonato al suo destino… (continua!)