Ho esitato a lungo prima di decidermi a scrivere qualcosa su Jean Jacques Lequeu (1757-1826). Questo artista sorprende, affascina, impressiona ma soprattutto inquieta – almeno la sottoscritta– per via di una sorta di lato oscuro indecifrabile.
Lequeu aveva un sogno: diventare un architetto. Per questo studiò molto e lavorò instancabilmente, senza tuttavia veder mai realizzate le sue ambizioni.
La sua lunga vita attraversa la fine dell’Ancien Régime, i tumulti della Rivoluzione francese e poi l’epoca di Napoleone, infine la Restaurazione. Gli stendardi del futuro venivano issati sulle ceneri sanguinolente del passato, per poi venir gettati a loro volta nel fango e nel turbinio della storia per Jean Jacques solo una cosa rimaneva ferma, costante: il disegno.
Sei mesi prima di spegnersi, Lequeu fece dono alla Bibliothèque nationale di centinaia di disegni, il lavoro di una vita intera, una delle raccolte più insolite del suo tempo.
Progetti architettonici, idee, sogni, fantasie, ritratti… la mano di Lequeu aveva esplorato ossessivamente le possibilità del disegno, alla ricerca tormentata di qualcosa che permane sfuggente.
L’opera più notevole di Lequeu è la raccolta grafica che ha intitolato “Architettura civile”, un insieme eterogeneo di disegni ai limiti dell’inspiegabile.
Trovandosi spesso senza commissioni, né cantieri, la mano instancabile di Lequeu ha continuato imperterrita a tracciare sulla carta progetti di templi, teatri, magioni e giardini spesso irrealizzabili.
“Architettura civile” viene identificato dagli esperti più come un «giornale intimo», una ricerca tecnico-filosofica personale in cui la capacità dell’artista di assemblare simboli massonici, mitologia, geometria e fantasia si è potuta esprimere senza limiti, se non quelli imposti da lui medesimo.
Nonostante i cambi di bandiera politica a cui Lequeu si piegò — non mi permetto di giudicare, l’epoca storica era a dir poco spaventosa! — il nostro disegnatore rimase sempre nell’ombra.
Se con “Architettura civile” credevo che Lequeu mi avesse sorpreso a sufficienza, ciò era perchè non mi ero ancora trovata davanti ai suoi “corpi”.
Mi fu allora chiaro che la sua misteriosa ricerca non si limitava allo studio degli ambienti reali e irreali, ma prendeva sotto attenta osservazione anche il corpo umano, reinterpretandolo in chiave totalmente personale, infondendogli la solidità del marmo, ma anche un erotismo che in alcune opere arriva ad essere diretto, sfacciato.
Lascio a chi vorrà esplorare l’opera di questo artista insolito la possibilità di formulare le proprie impressioni. Lequeu ipnotizza, affascina, provoca, turba… cos’altro?