Sarah Bernhardt: costruire il trionfo una sconfitta alla volta
Nella scintillante Parigi della fine del Secondo Impero (1852-1870), un’attrice ventiquattrenne di origini ebree osò abbandonare – sbattendo la porta! – il tempio sacro del teatro francese, la Comédie-Française.
(Leggi del perché Sarah abbandonò la Comédie-Française – dopo un paio di schiaffi ben piazzati – nell’articolo Sarah Bernhardt: le donne che persistono sono pericolose… perchè trionfano!).
Il nome dell’incosciente commediante era Sarah Bernhardt (1844-1923).
“O pazza! O folle! La sua carriera è rovinata!”, pensarono i suo colleghi, i giornalisti, gli amici e i nemici.
Ed invece, la “tigre” tornò alla ribalta poco dopo sul palcoscenico di un altro teatro, questa volta in piena zona universitaria: l’Odéon.
L’eco del grande successo di Sarah giunse ben presto a solleticare le orecchie – nonché le tasche – del nuovo direttore fresco di nomina della Comédie-Française, il quale non aveva ancora avuto il piacere di conoscerla.
Ed ecco che, dopo un laborioso corteggiamento, colei che era diventata l’idolo degli studenti del quartiere universitario parigino rientrava tra le fila della Comédie che l’aveva umiliata… e questa volta in pieno trionfo!
Il direttore non aveva idea di quanto potesse essere impegnativa la gatta da pelare che aveva richiamato. Ritengo debba essersene reso conto quando iniziò a riferirsi a lei col nomignolo di “Mademoiselle Révolte” (‘Signorina Rivolta’).
Ma ad ogni successo segue puntuale una forma di “riscossione crediti” ben nota, ossia l’invidia.
L’atmosfera che Sarah respirava in presenza dei colleghi alla Comédie-Française – i quali subivano l’affronto di una sala piena solo a metà quando lei era assente – aveva la dolce fragranza dell’arsenico.
Per averne un assaggio, ecco l’avvertimento che ricevette alla vigilia di una sera di gala:
Mio povero scheletro (Sarah era molto magra, aspetto considerato all’epoca anti-estetico),
farai meglio a non far vedere il tuo orribile naso da ebrea alla cerimonia di dopodomani. Temo possa servire da bersaglio a tutte le mele si stanno facendo cuocere per te nella tua bella Parigi.
Un amore di biglietto, non c’è che dire. Tuttavia, se il proposito del mittente era quello di intimidire Sarah Bernhardt, lo sprovveduto (o la sprovveduta) aveva fatto male i conti.
Ignorando gli ammonimenti degli amici che la pregavano di non presentarsi alla serata, Sarah piombò alla festa come una meteora al grido di “j’adore la bataille!” (“adoro la battaglia!”).
Risultato: non solo fu l’anima della festa, ma divenne la protagonista assoluta della stampa dell’indomani!
Alla luce di questo aneddoto, comprendiamo come non fu il pessimo ambiente lavorativo a spingere Sarah ad andarsene dalla Comédie una seconda volta. Si trattò piuttosto del suo disperato bisogno di indipendenza professionale.
Sarah proponeva come migliorare gli spettacoli, forniva indicazioni di scena, stratagemmi per accattivare il pubblico, ma la direzione non la prendeva in considerazione, se non come mezzo per attirare spettatori.
Un giorno si trovò costretta a recitare in un ruolo che, a suo dire, non le si addiceva per niente.
Protestò, venne ignorata. Non si presentò alle prove, venne redarguita. Chiese lo spostamento della data dello spettacolo, non le venne concesso.
Ne risultò un terribile fiasco.
La furia di Sarah dovette somigliare per potenza e devastazione all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Per essere sicura che la sua decisione, ormai irrevocabile, non potesse venir ostacolata, La Divina inviò la sua lettera di dimissioni alla stampa prima ancora che al direttore della Comédie-Francàise… che non la prese bene e le fece causa.
Sarebbe naturale immaginarla finita, dimenticata, rovinata, caput e invece – quand même! – Sarah spiccò il volo verso la fama ed il trionfo fuori dalla Francia.
Prima Londra, poi il Belgio, la Danimarca, persino negli Stati Uniti, dove La Divina tendeva con grazia la mano in attesa di un bacio, per ricevere in cambio energici shake-hand all’americana che la lasciavano perplessa.
Al suo rientro a Parigi scoprì che la Ville Lumière, risentita del suo “tradimento”, l’aveva dimenticata.
Disperarsi? Giammai!
Sarah aveva unicamente bisogno di tornare su un palco e, se nessuno a Parigi era disposto a concederne, se lo sarebbe procurato da sé.
L’occasione si presentò alla commemorazione del 14 luglio all’Opéra, dove presenziavano nientemeno che il presidente della Repubblica e il capo del governo.
Tra le varie esibizioni, un’immancabile Marseillaise avrebbe dovuto essere cantata da Madame Agar, che allora andava per la cinquantina e che Sarah, come tutti, sapeva innamorata pazza di un bel capitano, ben più giovane di lei.
La leggenda vuole che Sarah le fece giungere la terribile notizia – totalmente falsa – che il bel capitano era caduto da cavallo e che giaceva ferito in un letto a Tours, dove era di servizio.
Madame Agar, disperata, si fiondò in carrozza per raggiungere il suo amato, dopo aver fatto promettere a Sarah d’informare l’Opéra affinché trovasse una sostituta.
Possiamo immaginare la premurosa commediante sventolare il fazzoletto verso la vettura in lontananza… mentre si allaccia il costume di scena.
Naturalmente, l’imbarazzo generato dalla comparsa di Sarah sul palco dell’Opéra fu notevole.
Dietro le quinte si balbettava, il pubblico era ammutolito. A qualcuno scappò una risata.
Eppure, dalle prime note, la splendida voce de La Divina fece vibrare di commozione lo spirito patriottico di tutti i presenti, presidente compreso.
Cerchiamo di capire meglio: Sarah Bernhardt risorgeva dalle ceneri, vestita del sacro tricolore francese, intonando i versi dell’inno nazionale nel giorno in cui si celebrava il popolo francese.
Cacciarla? E con quale coraggio? Fischiarla? Chi avrebbe osato?
Gran colpo, Sarah! Il trionfo era inevitabile, la stella era risorta e, questa volta, intramontabile!
(Leggi di come Sarah Bernhardt plasmò la figura della “diva” moderna facendo persino della sua vita privata un continuo show in Sarah Bernhardt: lo spettacolo è anche dietro le quinte).