
Victor Hugo e l’amore… che non c’è più
In questa serie di articoli tratterò aspetti meno noti di uno dei giganti della letteratura francese, Victor Hugo.
Alcuni possono sorprendere, come il fatto che le opere che lo resero celebre furono scritte per la maggior parte fuori dalla Francia; oppure il fatto che per i francesi Victor Hugo è prima di tutto un uomo politico e poi uno scrittore; o che questo micidiale seduttore, cronicamente infedele, poteva essere anche un compagno di vita devoto e leale.
Una cosa è certa: tutto ciò che riguarda Victor Hugo è sempre all’eccesso. L’amore, il lutto, il narcisismo, la sensualità, il genio, l’audacia, la testardaggine, l’egoismo e, non ultimo, il successo. Non sono in molti ad essere entrati nella leggenda ancora viventi! Ad esempio, quante persone conoscete che abbiano vissuto in una strada che portava il loro stesso nome? Ebbene, dal 1881 sulle buste della corrispondenza dello scrittore si legge: “Monsieur Victor Hugo – 130, avenue Victor Hugo”.
Vi invito a seguirmi in questo viaggio alla scoperta del doloroso destino – doloroso in maniera eccessiva, come tutto il resto – di un uomo fuori dalla norma, che ci ha sì lasciato fiumi e fiumi di pagine immortali, ma a quale prezzo!
Prima puntata
Una vita sentimentale movimentata

Il primo amore di Victor fu Adèle Foucher, vicina di casa e amica d’infanzia, una bruna dai tratti esotici che si crede siano quelli di Esmeralda in Notre-Dame de Paris. Problema: la madre di Hugo è contraria alla loro unione, ha delle ambizioni più alte per Victor, ma i due non rinunciano al progetto di sposarsi e attendono. A dire il vero, non molto: la madre viene a mancare nel 1821 e i due ventenni si sposano il 12 ottobre 1822 nella chiesa di Saint-Sulpice.
Nonostante il lutto, si potrebbe pensare a un lieto fine per il giovane poeta e invece, al banchetto di nozze si verifica un’altra tragedia.
Il fratello maggiore, Eugène, un temperamento instabile e depressivo, dotato nella scrittura e in perenne rivalità con Victor, perde visibilmente il senno. È l’altro fratello, Abel, ad accorgersi che Éugene balbetta delle frasi insensate e, preoccupato, lo trascina fuori dalla sala.
La mattina seguente Eugène è ancora più agitato. Viene sorpreso nella sua camera a fare a pezzi i mobili con una sciabola e quindi prontamente ricoverato all’asilo per alienati mentali di Charenton, dove terminerà i suoi giorni all’età di trentasei anni.
Cos’è successo? Pare che la causa scatenante del tracollo fosse la disperazione per aver perduto l’oggetto di una passione segreta, ossia la bella Adèle.
Probabilmente, la spiegazione è un po’ semplicistica ma molto, molto romantica e il periodo è propizio alle storie della follia d’amore. A ogni modo, viva gli sposi.

Ma i dolori per Victor sono appena cominciati.
Il primogenito della coppia Hugo, il piccolo Léopold, muore dopo appena qualche mese di vita. Adèle e Victor sono devastati.
Le quattro gravidanze successive, per fortuna, vanno a buon termine: prima Lépoldine, detta Didine (1824); poi Charles, detto Charlot (1826), seguito da François Victor, detto Totò (1828) e infine Adèle, detta Dedelle (1830) .
Tutti i membri della famiglia, Madame Hugo compresa, dimostrano di possedere del talento artistico, musicale e letterario, ma rimarranno sempre offuscati dall’ingombrante presenza dell’augusto capofamiglia.
La stella di Hugo comincia a brillare il 25 febbraio 1830, dopo il trionfo, non privo di scompiglio, ottenuto dal dramma Hernani, lo stendardo del Romanticismo. Due anni dopo, i proventi di Notre-Dame de Paris gli permettono di affittare un appartamento al 6 di Place de Vosges, nello storico quartier Marais.

Dopo otto anni di matrimonio, però, il cuore di Adèle ha cessato di battere per il consorte. Victor preferisce le lusinghe del successo (e delle ammiratrici) alla compagnia della moglie e così la trascurata Adèle si rifugia tra le braccia di un amante.
Il tipico triangolo amoroso assume presto i tratti di un dramma shakespeariano. Victor Hugo scopre non solo la tresca, ma anche che il Casanova scelto da Adèle è… il migliore amico della coppia, il critico letterario Charles Augustin de Sainte-Beuve, che aveva contribuito al successo dello scrittore.

Non proprio un colpo di scena, se si considera che Victor aveva espressamente affidato a Sainte-Beuve il compito di far sentire meno sola la povera Adèle in sua assenza, compito portato a termine fin troppo bene, a giudicare dal risultato.
In breve, Adèle confessa e chiude la relazione amorosa con Saint-Beuve, ma anche col marito, che caccia dal proprio letto. Per consolarsi, Victor si lancia in nuove conquiste.
In tutto questo l’ultima figlia della coppia, Dedelle, nata proprio ai tempi della crisi coniugale, paga il prezzo più alto. Non essendo sicuro della paternità della piccola, Victor mantiene un riserbo freddo nei suoi confronti, tanto più evidente vista l’adorazione che invece ha per la figlia maggiore, Didine.
Il dolore per quel rifiuto segnerà per sempre l’infelice destino della povera Dedelle.
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La tragedia

La figlia preferita di Victor Hugo è certamente la maggiore, Léopoldine. La complicità tra padre e figlia è fortissima e nasce dalla condivisione dei medesimi interessi: anche Didine, come suo padre, scrive e disegna, così Victor ha l’abitudine di sottoporle i manoscritti per avere il suo parere prima di correggerli.
Léopoldine però soffre delle lunghe assenze del padre, un lavoratore ossessivo che di frequente si isola nel proprio universo creativo. Nella loro assidua comunicazione scritta, pur vivendo sotto lo stesso tetto, alle poetiche righe che lui le rivolge, lei risponde laconica: Vorrei vederti.
La vita di Didine subisce un cambio direzione quando l’oggetto del suo amore si sposta dal padre a un giovane amico di famiglia, il ventunenne Charles Vacquerie. Il sentimento è reciproco, i due desiderano sposarsi e informano i propri genitori del progetto. Problema: Léopoldine dovrebbe lasciare Parigi e trasferirsi in Normandia. Per Victor Hugo la prospettiva è insopportabile.

Il poeta si oppone, vista la giovane età di Didine, che ha circa quindici anni. Nonostante il parere favorevole della moglie Adèle, che intercede a più riprese in favore della coppia, Léopoldine non si sposerà che a diciannove anni.
Al momento di firmare il contratto di matrimonio, però, Victor Hugo viene colpito da un violento tremore alla mano, che gli impedisce di firmare. La scena ricomparirà molti anni più tardi ne I Miserabili, quando Jean Valjean, ferito alla mano, non riesce a firmare i documenti per il matrimonio di Cosette.

Léopoldine si sposa il 15 febbraio 1843, nella chiesa di Saint-Paul a Parigi (IV arrondissement).
In una lettera inviata all’hotel, dove la coppia sta trascorrendo la luna di miele, Hugo scrive alla figlia:
Ama colui che ti ama e sii felice presso di lui.
Che tu sia il suo tesoro, tu che fosti il mio.
Alla mia amata figlia, da una famiglia all’altra, porta con te la felicità e lascia a noi il tedio.
Qui ti si trattiene; laggiù, ti si desidera.
Figlia, sposa, angelo, bambina fai il tuo doppio dovere.
Dai a noi un dolore, dona a loro una speranza.
Esci con una lacrima! Entra con un sorriso!
Il dolore per Victor Hugo è immenso e per i primi mesi di separazione tiene il broncio a Didine, la quale dal canto suo in Normandia muore di noia e scrive a casa delle lettere lunghissime.
Quella stessa estate, in luglio, Victor Hugo acconsente, dopo molte preghiere, ad andarla a trovare a Villequier, ma rimane poco, appena un giorno e una notte, per poi ripartire per una vacanza nei Pirenei in compagnia dell’amante, l’ex-attrice Juliette Drouet. Il senso di colpa per quella partenza affrettata, nonostante Léopoldine lo pregasse di trattenersi più a lungo, lo perseguiterà per tutta la vita.

Victor viaggia in incognito per sfuggire ai fastidi della notorietà e anche allo scandalo. Per quanto la moglie Adèle sia a conoscenza della relazione clandestina con Juliette, il pubblico non deve immischiarsi.
Agli alberghi lascia falsi nomi e questo farà sì che la terribile notizia, che si cerca disperatamente di fargli pervenire, non lo raggiunga.
L’atroce scoperta avviene il 9 settembre 1843 a Rochefort (Charente-Maritime) al 27 di rue Audry, indirizzo del Café de l’Europe – poi Café de la Paix – dove una lapide oggi commemora il passaggio del romanziere.
La coppia Victor-Juliette ha preso posto sotto la scala a chiocciola del locale, per non dare troppo nell’occhio.

Finito di mangiare, i due si procurano dei giornali da una pila che si trova lì accanto. Victor pesca il numero di Le Siècle, datato giovedì 7 settembre 1843, dunque vecchio di un paio di giorni. E si mette a leggere.
«Un terribile avvenimento che porterà il lutto in una famiglia cara alla Francia letteraria è venuto questa mattina ad affliggere con il suo clamore sinistro la nostra popolazione, la quale, tra le vittime, conta i suoi concittadini.
Ieri [sic], verso mezzogiorno, M. Pierre Vacquerie (lo zio di Charles), ex-capitano e commerciante di Havre, il quale abita a Villequier una proprietà situata sulle rive della Senna, avendo un affare a Caudebec, ha deciso di compiere questo breve viaggio via acqua.
Abituato alla navigazione del fiume e al manovrare imbarcazioni, aveva preso con lui, sul suo battello a due alberi, suo figlio di anni dieci, suo nipote M. Charles Vacquerie e la giovane moglie di quest’ultimo, figlia, come è risaputo, di M.Victor Hugo.
… a terra giunse la notizia che un battello si era capovolto sulla riva opposta del fiume, di traverso a un banco di sabbia detto “Schiena d’Asino”.
…Vennero dragati i dintorni del luogo del sinistro e, al primo colpo, venne rinvenuto il corpo inanimato della sventurata giovane donna…
…Madame Hugo ha appreso questa mattina a Havre, che abita da qualche tempo con i suoi altri figli, il terribile colpo che la ferisce nei suoi sentimenti di madre. È ripartita immediatamente per Parigi. M. Victor Hugo è attualmente in viaggio. Lo si crede a La Rochelle.»

Il 4 settembre, cinque giorni prima, Léopoldine non sarebbe dovuta salire su quella barca, perché non era vestita; ma anche i preparativi per salpare prendono più tempo del previsto e così riesce a unirsi al gruppetto all’ultimo momento. A bordo, insieme a lei, c’è il marito Charles, suo zio sessantenne e il figlio di questi, di circa undici anni.
Non soffia nemmeno un filo di vento e la navigazione procede lentissima. Finalmente approdano a Caudebec, dove hanno appuntamento dal notaio. Al termine dell’incontro questi mette a disposizione la propria vettura, viste le difficoltà della navigazione, ma i quattro preferiscono riprendere la barca. Il caso insiste a offrire alternative, ma il fato pare avere altri piani.

Dal nulla, mentre la barca procede a stento, si alza una tempesta di vento violentissima che la rovescia. Come è comune per le donne del suo tempo, Léopoldine non sa nuotare.
Intrappolata sotto le vele e intralciata dai numerosi strati di tessuto che la ricoprono, Didine si fa prendere dal panico e si aggrappa alla barca.
Charles, il “noioso”, ottimo nuotatore, si immerge sotto la vela numerose volte nel tentativo di trascinarla via, ma invano. Forse per la spossatezza, forse per la disperazione, a un certo punto Charles si arrende. Forse perde i sensi, forse si lascia morire, nessuno lo sa con certezza. Fatto sta che il corpo di Léopoldine viene ritrovato con gli abiti strappati, segno evidente dei suoi disperati tentativi di salvarla.
Per colmo della tragedia: Léopoldine era incinta.

Victor Hugo viene devastato dalla notizia e sarà per sempre tormentato da un lacerante senso di colpa: si accusa d’aver scelto se stesso invece di Didine, di aver ignorato le sue preghiere di restare, di non essere stato presente mentre era in pericolo e anche di aver trattato ingiustamente il genero Charles.
La tragedia ha l’effetto inaspettato di riavvicinare i coniugi Hugo che, dopo anni di separazione, tornano a condividere qualcosa di profondo, per quanto doloroso. Il ricordo di Léopoldine permea la vita quotidiana. Ogni cosa che le è appartenuta viene conservata come una reliquia, a cominciare dal suo abito da sposa, fino a quello con cui è annegata.
Dedelle, la figlia più piccola che all’epoca ha tredici anni, oltre a subire la perdita traumatica della sorella maggiore a cui era legatissima, cresce in questa atmosfera luttuosa.

Tre anni più tardi, la scrittura di Victor finalmente riprende per dar voce ai tormenti interiori.
Se Dio non ha inteso archiviareL’opera che mi fece cominciare,Se vuole che lavori ancora,
non doveva fare altro che lasciarmela!Pauca Meae (‘Qualche verso’, 1846)
L’anno successivo alla composizione di queste parole infuocate, un Hugo più malinconico e rassegnato compone i celebri versi di Demain, dès l’aube (‘Domani, all’alba’), un canto d’amore a Didine, la poesia più popolare della letteratura francese. (Leggi la poesia in Il dolore per la perdita di una figlia si fa poesia)
E io, a questo punto, vorrei tanto poter dire che i dolori di Victor Hugo si concludono qui… Leggi il seguito in Victor Hugo, l’outsider
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