Victor Hugo: l’umiliazione dell’esilio e la follia di Adèle
In questa serie di articoli sto ripercorrendo le tristi vicende della vita di Victor Hugo, un tenebroso “dietro le quinte” della sua luminosa carriera, caratterizzato dall’ininterrotto assedio del dolore e della sventura.
La tragica perdita della figlia più amata, Léopoldine (1843), fu incolmabile per entrambi i coniugi Hugo che, dopo anni, erano tornati loro malgrado a condividere qualche cosa, per quanto orribile .
(Leggi del tragico destino di Léopoldine nell’articolo precedente: Victor Hugo e l’amore che non c’è più )
Madame Adèle Hugo, prolifica ritrattista fino a quel momento, da quel tragico girono non disegnò più.
L’autore di Nôtre-Dame-de-Paris, a sua volta, per tre lunghi anni non riuscì a prendere in mano la penna. Ma la scrittura era l’unico mezzo espressivo in grado di tradurre i cupi moti del suo animo e così, alla disperata ricerca di qualche magro sollievo, Victor Hugo ritornò allo scrittoio.
Se Dio non ha inteso archiviareL’opera che mi fece cominciare,Se vuole che lavori ancora,
non doveva fare altro che lasciarmela!Pauca Meae (‘Qualche verso’, 1846)
L’anno dopo aver composto questi versi carichi di rabbia, un Hugo più calmo compose le righe dolcissime e strazianti di Demain, dès l’aube (‘Domani, all’alba’), la testimonianza più viva del suo dolore.
(Leggi la poesia in “Il dolore per la perdita di una figlia si fa poesia.“)
Tra le amanti che consolarono la solitudine dello scrittore, una sola rimarrà al suo fianco fino alla fine: si chiamava Juliette Drouet (1806-1883) e faceva l’attrice.
Questa compagna di vita e di sventura si dedicò a Victor – il suo amato Toto – con una devozione che superò in molti momenti il limite dell’umana pazienza, come vedremo.
Per avere un’idea più precisa di ciò che intendo, occorre tener presente che Victor Hugo, il più luminoso rappresentante della letteratura francese, sul suolo della sua cara Patria visse un periodo di tempo tutto sommato breve.
Nel 1851, il presidente delle Repubblica francese, Charles-Louis-Napoléon Bonaparte – il nipote del famoso Napoleone – rimanendo fedele alla tradizione di famiglia, si impadronì del potere con un colpo di stato.
Victor Hugo, che in principio era stato uno dei più accesi sostenitori di Charles-Louis, si sentì tradito e, ritenendo la libertà del Paese in pericolo, gli si era opposto apertamente, trovandosi di colpo a dover scegliere tra il carcere o l’esilio.
Con la famiglia – e Juliette al seguito! – Hugo visse prima un periodo in Belgio e poi trasferì parenti, amante, penne, fogli e calamai nell’isola di Guernsey, uno sperduto frammento di terra nel canale de La Manica.
Hugo avrebbe vissuto lontano dal suo paese natale per vent’anni, un altro duro colpo per il suo cuore.
Non si può dire che Madame Hugo traboccasse d’entusiasmo.
Juliette, al contrario, era pazza d’amore e non indugiò un secondo a seguire il suo Toto che, per lei, aveva affittato una casa sull’isola, poco lontano da quella dove risiedeva la famiglia Hugo.
Fu Victor in persona ad ideare e ad assemblare il proprio bizzarro arredamento e quello della casa di Juliette. Partendo da pezzi scovati tra i tesori di antiquari e mercanti e servendosi dell’aiuto di artigiani locali, le due case divennero degli strani miscugli di ricordi d’altri tempi. Ecco un’esempio:
La doppia vita moralmente inaccettabile che Hugo conduceva a Guernesey, dividendo il tempo tra moglie e amante – ma sarebbe più corretto impiegare il plurale! –, ebbe un influsso funesto su quella della sua ultima figlia, Adèle.
Evitata dalle altre donne “per bene” dell’isola, Adèle era costretta a trascorrere le sue giornate in solitudine, o tutt’al più in compagnia dei due fratelli e della madre.
Questa vita “convenutale”, poco si addiceva a una bella giovane nel fiore degli anni, curiosa, dotata di uno spiccato talento artistico e assetata di vita.
Appena ventenne, Adèle – il cui temperamento malinconico comparve, senza mai abbandonarla del tutto, dopo la perdita della sorella maggiore Léopoldine – era stata strappata alla brillante vita mondana di Parigi. Nella capitale, la giovane avrebbe potuto trovare continue distrazioni e far apprezzare il suo talento letterario, artistico, musicale – senza contare la sua avvenenza.
A Guernsey, le giornate erano grigie, vuote, noiose e tristi.
Come stupirsi del suo disperato bisogno di libertà?
Appena se ne presentò l’occasione, la giovane si aggrappò disperatamente all’unica possibilità di fuga a sua disposizione, ossia il soldato Albert Pinson, di cui si era follemente innamorata e che aveva deciso di sposare… peccato che lui non fosse dello stesso parere.
Con la sensibilità di oggi, troviamo naturale e comprensibile la piega che gli eventi presero nell’esistenza infelice di Adèle Hugo, ma non possiamo ignorare il peso del momento storico e culturale in cui si trovò a vivere.
Nel XIX secolo – e per gran parte del corso della storia conosciuta fino a quel momento – una donna nubile era sotto la tutela – o, per meglio dire, in possesso – del padre e a lui doveva totale sottomissione e obbedienza.
Per inseguire la chimera dell’amore e della libertà, Adèle osò sfidare questa legge suprema e fece ciò che sua madre – la quale, per ironia della sorte, portava lo stesso nome – non ebbe mai il coraggio di fare, ossia sfuggire all’ingombrante presenza di Monsieur Hugo.
A trentatré anni, dopo dieci anni di vita solitaria, la disperata si imbarcò segretamente per il Canada al seguito di Pinson e, più tardi, lo seguì nelle Antille.
Per i suoi genitori il colpo fu durissimo.
Madame Hugo smise di scrivere e morì anni più tardi senza aver potuto rivedere la figlia adorata, incolpando suo marito di questa privazione sopra ogni altra.
Ma le “allegre” peripezie della famiglia Hugo, vero campione dei destini tragico-romantici, non finiscono qui!
Dal momento della sua fuga, la vicenda di Adèle si avvolge di mistero.
Quel che sappiamo con certezza è che, dieci anni dopo, Adèle si ricongiunse alla propria famiglia – che nel frattempo era rientrata in Francia – e che Pinson aveva sposato un’altra donna.
Ad attendere la poverina non ci fu il perdono, ma trenta lunghi anni di isolamento in una casa di cura per alienati.
Adèle Hugo, la pazza, colei che progettava di scrivere un libro sulla liberazione della donna, non fece che passare da una prigione a un’altra lungo il corso della sua esistenza.
(Leggi anche l’ultima malinconica puntata, se ce la fai: Victor Hugo: dalla parata celebrativa alla sfilata dei dolori)