Palais-Royal: da palazzo ducale a “Tempio della Voluttà”
Accanto al maestoso palazzo del Louvre ne esiste un altro meno conosciuto, meno affollato, le cui mura narrano una storia altrettanto travagliata di quella del suo illustre vicino. Le sue vicende non parlano solamente di re, di duchi e di gran dame, ma anche e soprattutto del popolo parigino.
Palais-Royal avrebbe potuto seguire il destino isolato di tante altre splendide residenze nobiliari della capitale, ma una speculazione immobiliare voluta da un duca squattrinato lo metterà invece al centro della vita cittadina, facendone di fatto una sorta di piccola Las Vegas (non sto esagerando!).
In un altro articolo ho raccontato di quando Palais-Royal venne eretto per volere del cardinale Richelieu nel XVII secolo e di come venne inseguito assegnato al ramo cadetto della famiglia reale, ossia i duchi d’Orléans.
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Con l’anno 1780 giunse colui che avrebbe conferito al palazzo il suo aspetto attuale, nonché un ruolo del tutto inedito per una residenza nobiliare. Mi riferisco a Louis-Philippe de Borbon-Orléans (1747-1793), duca di Chartres e duca d’Orléans che più tardi muterà nome in Philippe Égalité e non per brevità, ma perché i titoli nobiliari erano passati di moda e l’uguaglianza si era instaurata con sanguinaria sollecitudine una testa dopo l’altra. Ma non corriamo troppo: prima è il caso di chiederci chi sia costui.
Ebbene, vi dirò ciò che so per certo, ma confesso di non essere riuscita ancora del tutto a definire la personalità di quest’uomo ambiguo.
Louis-Philippe era duca d’Orléans, cugino del re Louis XVI e dunque un “principe del sangue”, un titolo che implica la possibilità eventuale di accedere al trono in caso di estinzione del ramo familiare maggiore.
Pettegolezzo di corte: tra il duca d’Orléans e sua cognata, la regina Marie-Antoinette, i rapporti rimasero sempre cordialmente freddi, in parte per via del dolore che il duca aveva causato – indirettamente, è il caso di specificarlo – ad una delle più intime amiche della regina, Madame de Lamballe (1749-1792). Per quanto ne sapeva la regina, il marito della sua cara amica era morto prematuramente a seguito della vita dissipata in cui il duca lo aveva trascinato.
Ad aggravare i rapporti con la cognata vi era senza dubbio la condotta ambigua del duca in campo politico. Louis-Philippe veniva additato dai suoi pari come “giacobino”, sarebbe a dire un liberale, un progressista. Ma come? Duca e giacobino? Ebbene sì: Louis-Philippe osava associare alla parola “monarchia” un termine altamente sgradito a corte e vogliano dunque perdonare, le Loro Maestà, se mi permetto questa libertà a poche righe dal Loro ritratto ma… il termine in questione era “costituzionale”, monarchia-costituzionale.
In sostanza, il duca dimostrava di simpatizzare per l’idea secondo la quale un re dovesse governare rispettando i dettami di una costituzione, rinunciando al potere assoluto a cui i monarchi francesi si erano dimostrati sempre molto attaccati. La teoria era moderna, quasi all’avanguardia se non fosse che in Inghilterra il modello si era già realizzato da tempo, ma il dettaglio omesso era che il re illuminato su cui il duca fantasticava aveva i suoi tratti, il suo nome e la sua faccia tosta. Un gioco pericoloso, duca!
Certamente Louis-Philippe era un uomo molto ambizioso e l’idea di sedere sul trono di Francia non doveva essergli affatto estranea eppure, nel pieno della Rivoluzione francese, quando i suoi sostenitori e amici gli offrirono la corona lui la rifiutò. Oggi lo chiameremmo il “duca – pacco”, all’epoca lo chiamarono “il re di picche”.
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Sotto l’Ancien Régime, il duca d’Órléans si era dunque guadagnato la fama di aristocratico “POP” e ad alimentare la sua fama di nobile moderno sopraggiunse l’apertura al pubblico dei nuovi giardini di Palais-Royal (1784), che dotarono la capitale di una sorta di centro commerciale ante litteram. Ai cittadini era concesso passeggiare al riparo dalle intemperie e dal traffico sotto le volte di tre nuove gallerie disegnate dall’architetto Victor Louis: a ovest la galleria di Montpensier, a nord quella di Beaujolais, ad est quella di Valois (i nomi traevano origine dai titoli dei tre figli del duca).
Tali porticati, in tutto 180 arcate, sono ammirabili ancora oggi e all’epoca ospitavano niente meno che 88 tra boutiques, ristoranti, cafés, sale da spettacolo, sale da gioco e le sempre molto frequentate case di piacere.
Oltre ai portici che si vedono ancora oggi, tra la galleria di Montpensier a ovest e quella di Valois a est, erano state erette ulteriori, affollatissime gallerie coperte in legno (vedi pianta sottostante).
Per farsi un idea corretta del luogo, occorre immaginare , un autentico “Paese dei Balocchi” e della depravazione in cui alla polizia non era concesso mettere piede. Eh sì, essere il duca d’Orléans aveva i suoi vantaggi, tra cui quelli di essere al di sopra della legge. Gli epiteti di «Campo dei Tartari» e «Tempio della Voluttà» riferiti a Palais-Royal risalgono a quel periodo di bisbocce.
L’attrattiva principale di questa Las Vegas parigina, assieme al gioco d’azzardo, erano le numerose damigelle dalla petite vertu (‘di facili costumi’, insomma le prostitute) che si aggiravano liberamente nei paraggi. Non lasciatevi ingannare, il sistema era perfettamente organizzato: non si lascia un’attività tanto lucrativa al caso! I prezzi variavano a seconda della zona in cui la signora “esercitava”: le offerte più a buon mercato si incontravano alle gallerie di legno, mentre le professioniste dalle parcelle più corpose si trovavano sotto a quelle di pietra, infine le cocottes di lusso attendevano all’interno dei locali specializzati.
La concorrenza era spietata e ogni “damigella” doveva trovare il modo di distinguersi dalle altre. Si poteva ad esempio far leva sulla propria spiccata somiglianza con un personaggio famoso e travestirsi per rendere l’illusione più credibile. Non faccio un esempio a caso: proprio a Palais-Royal venne rimediata la sosia della regina Marie-Antoinette che giocò un ruolo chiave nel celebre Affare della Collana.
Le gallerie rimanevano aperte al pubblico fino alle due del mattino e se la cosa oggi non sorprende è perchè siamo figli dell’era dell’elettricità. L’innovazione delle gallerie di Palais-Royal risiedeva infatti anche nell’illuminazione: la visibilità era garantita fino alle ore piccole grazie alle lanterne che rischiaravano le arcate.
Louis-Philippe aveva dunque messo a disposizione della cittadinanza una sorta di Las Vegas porticata. Modernità oblige? Niente affatto! Il pressante bisogno di denaro aveva costretto il duca a mettere in affitto parte dei giardini della sua proprietà parigina, ciò non di meno Sua Altezza aveva fatto ancora una volta, come si suol dire, “la figura dello splendido” agli occhi del popolo.
Oggi le gallerie sono molto tranquille, quasi malinconiche, con un pizzico di abbandono che mormora imbronciato in certi angoli, ma se la folla e i mercanti non ci sono più, lo charme di una passeggiata a Palais-Royal non è diminuito.
Prima di conoscere meglio – nel prossimo articolo – le insospettabili meraviglie delle gallerie di Palais-Royal oggi scomparse, vi lascio con un’ultima curiosità: la fama del palazzo in quanto “Tempio della voluttà” trova conferma anche nella letteratura!
Il duca aveva un segretario che era anche un militare, uno scrittore brillante e soprattutto un amico fedele, di nome Chorderlos de Laclos. Forse qualcuno di voi lo ha riconosciuto: si tratta dell’autore del celebre romanzo epistolare che all’epoca fece gran scandalo e che oggi ancora turba gli animi, Les Liasons dangereuses, (‘Le Relazioni pericolose’ da cui venne tratto l’omonimo film di Frears con John Malkovich, Glenn Close, Michelle Pfeiffer e Uma Thurman del 1988. Gran libro, gran film, grandi attori ed ecco il trailer). Da qualche parte l’ispirazione doveva averla presa, e perché non sotto alle gallerie che attraversava quotidianamente?
A Palais-Royal, dove ricordo che la polizia non aveva accesso, Laclos poté inoltre fondare il sovversivo Journal des Amis de la Constitution (‘Giornale degli Amici della Costituzione’), una rivista “giacobina” finanziata dal duca in persona, suo mentore, amico e protettore. Povero Laclos, quanto lo deluse il re di picche!
Ed infine un aneddoto nostrano: forse non tutti sanno che il Forte di Laclos, sull’Isola di San Paolo nel golfo di Taranto, prende il nome proprio da lui! Anni dopo la morte del duca, mentre prestava servizio sotto Napoleone in Italia, Laclos morì di una grave forma di dissenteria nel Convento di San Francesco di Taranto e, avendo rifiutato i conforti religiosi da rivoluzionario ateo quale era, venne sepolto nella piazza d’armi del forte invece che in terra consacrata.
Dopo la caduta di Napoleone, i suoi resti vennero dispersi con disonore, come era accaduto a quelli del suo caro duca durante la Rivoluzione. Ancora oggi i pescatori preferiscono non avvicinarsi all’Isola maledetta dove il fantasma di Laclos, dicono, vaga tormentato. Alcuni pericolosissimi scogli a pelo d’acqua potrebbero aver rafforzato il proposito di quei brav’uomini…
Addio Laclos, fantasma o no, scrivevi molto bene.