Il mistero dietro al destino dell’avvocato di Marie-Antoinette
Quando Claude-François Chauveau-Lagarde (1756-1841) intraprese la carriera d’avvocato si era ancora sotto l’Ancien Régime, la Francia era una monarchia assoluta e certamente il giovane non poteva immaginare che un giorno si sarebbe trovato a difendere i personaggi più in vista del suo tempo.
Purtroppo, non si tratta affatto di una carriera folgorante, per quanto Lagarde fosse senza dubbio un brillante avvocato. Di fatto, la tensione politica generata prima dalla Rivoluzione francese e poi dal regime del Terrore, non gli concesse la minima possibilità di vincere nella maggior parte dei casi, pur tuttavia qualche merito gli va riconosciuto, come ad esempio la perseveranza, il coraggio e un incrollabile senso del dovere.
In questa serie di articoli, siamo partiti dagli inizi della carriera di Lagarde per attraversare il crescere del fanatismo dopo lo scoppio della Rivoluzione francese; abbiamo visto i suoi primi successi, lo scontro con l’intransigente Marat e poi i processi più celebri in cui operò in qualità di difensore d’ufficio del Tribunale rivoluzionario. Eccoli:
- Charlotte Corday, la bella assassina di Jean Paul Marat, ghigliottinata – qui trovate l’articolo;
- Marie-Antoinette, deposta Regina di Francia, ghigliottinata – qui trovate l’articolo;
- Madame Roland, la madrina della Rivoluzione, ghigliottinata – qui trovate l’articolo;
- Madame du Barry, la celebre favorita del defunto re Louis XV, ghigliottinata – qui trovate l’articolo;
- Madame Élisabeth, la sorella del defunto re Louis XVI– qui trovate l’articolo.
L’ultimo processo affrontato da Lagarde – quello di Madame Élisabeth, in cui gli venne persino impedito con l’inganno di vedere l’imputata per preparare la difesa – lo aveva privato di ogni possibile speranza di poter continuare ad esercitare e, soprattutto, aveva messo la sua vita in grave pericolo. In pieno Terrore, con nemici ad ogni angolo pronti a denunciare i traditori del nuovo regime, Lagarde si stava preparando ad abbandonare Parigi.
Può parere strano, a chi non conoscesse il periodo storico, che un difensore designato dal Tribunale rivoluzionario dimostratosi tanto ligio al proprio dovere potesse temere per la propria vita, ma il clima politico aveva raggiunto tali picchi di fanatismo e intransigenza che il semplice esporsi in difesa di un “nemico della Nazione” – non importa se per lavoro! – veniva immediatamente tradotto in sospetto di cospirazione.
Considerate inoltre che, subito dopo il processo di Madame Élisabeth, il governo decise di abolire i difensori d’ufficio e di ridurre le sentenze del Tribunale rivoluzionario all’assoluzione o alla morte, dunque a Lagarde restava ben poco da fare a Parigi, a parte farsi ghigliottinare, bien-sûr!
Tuttavia, il tentativo di fuga abortì miseramente e il Tribunale rivoluzionario, che non si era dimenticato del “difensore dell’infame Antoinette”, lo fece rinchiudere in una cella della Conciergerie. Lagarde si rassegnò al suo destino ed iniziò a contare le ore che lo separavano da una sicura esecuzione.
Nessuno, men che meno l’avvocato, poteva aspettarsi il coup de théâtre che seguì.
Meno di un mese più tardi, il governo di Robespierre era stato rovesciato e con esso venne decretata la fine del Terrore. Per Lagarde, la porta della cella si aprì: era libero! A quanto pareva, senza spiegazione alcuna, era stato come “dimenticato” dai suoi più acerrimi nemici.
Cosa si trovò di fronte Lagarde una volta rimesso in libertà? Quale nuova contorta situazione politica interna doveva affrontare il suo paese? È presto detto: dopo il colpo di stato del 9 termidoro – 27 luglio 1794 – che sancì la caduta del governo di Robespierre e del Terrore, era iniziata la cosiddetta “Reazione Termidoriana”, un periodo forse più tenero del Terrore, ma non propriamente pacifico. In sostanza il popolo, stanco di veder scorrere il sangue di innocenti, si era sollevato contro il governo di Robespierre e ora, con la consueta coerenza, reclamava quello dei carnefici. Coloro che avevano svolto un ruolo attivo durante il Terrore finirono dunque a loro volta davanti a un tribunale ostile, con pochissime possibilità di salvare la testa.
In questo clima, Lagarde venne chiamato a testimoniare contro il celebre accusatore pubblico Fouquier-Tinville. L’occasione era speciale, quasi epica in quanto, se la vicenda di Lagarde fosse la trama di un sequel o di un fumetto, Tinville sarebbe il suo antagonista numero uno.
Per anni i due si erano scontrati, ad armi impari, nell’arena del Tribunale rivoluzionario. In palio c’era la vita degli imputati. L’ordine di arrestare Lagarde, poco prima della caduta del regime del Terrore, portava la firma di Tinville, benché non sia certo che l’iniziativa fosse partita da lui. E qui cala l’ombra di un dubbio.
Lagarde depose al processo di Fouquier-Tinville e, come è facile immaginare, non dipinse un’immagine lusinghiera dell’ex-accusatore pubblico. In quell’occasione Tinville, furioso, si lasciò sfuggire un’osservazione misteriosa:
«Se avessi fatto il mio dovere, Chauveau-Lagarde non sarebbe qui per deporre contro di me».
Dunque Tinville non aveva fatto il suo dovere “dimenticando” Lagarde in cella. Ora, una svista in un momento storico tanto sulfureo e concitato sarebbe certamente comprensibile, eppure un sospetto mi rode: Tinville aveva “dimenticato” Lagarde intenzionalmente? Possibile che dopo anni di scontri, in un cuore indurito come quello dell’accusatore pubblico del Tribunale rivoluzionario, fosse sorta, come un fiore nel deserto, una briciola di stima per Lagarde? Sembra molto difficile da credere, ma ecco un altro elemento bizzarro della condotta di Tinville che mi toglie il sonno.
Ho già raccontato di come a Lagarde venne impedito, per ordine dell’accusatore pubblico, di vedere Madame Élisabeth la notte prima del processo. All’avvocato venne comunicato che la seduta era stata spostata e che quindi non vi era alcuna fretta di preparare la difesa. Lagarde, che in quel periodo a ragion veduta non si fidava nemmeno della propria ombra, si presentò ugualmente in Tribunale il giorno seguente dove, senza troppo sorprendersi, vi trovò Madame.
(Da leggere anche Il tragico destino di Madame Élisabeth, sorella di Louis XVI)
Per quale ragione Tinville si prese il disturbo? Perché impedire a Lagarde di preparare la difesa di Madame Élisabeth? Per mera perfidia? Certamente è possibile aspettarsi di tutto da quel “cuore tenero” di Tinville, eppure continuo a chiedermi, era necessario? La condanna non era forse, come le altre, già decisa in partenza? Le arringhe di Lagarde erano mai riuscite – specie in quegli ultimi mesi di folle anarchia – ad evitare la ghigliottina a chicchessia? No davvero e dunque, perché preoccuparsi al punto da tentare di non farlo nemmeno presenziare al processo? Per impedirgli di compromettersi definitivamente forse? Ma ciò significherebbe che Tinville intendesse evitare a Lagarde una morte certa!
Una manovra apparentemente spietata – e dunque ben vista dal fanatismo imperante – che celerebbe un intento affatto diverso… È un’ipotesi molto più interessante, ne converrete. Se qualcuno avesse la risposta, lo prego in ginocchio di scrivermi per farmela conoscere, altrimenti lasceremo il mistero alla storia.
Quel che è certo è che, negli anni a venire, si sentirà a ancora parlare di Lagarde, sia come avvocato che come monarchico convinto – benché agli inizi della Rivoluzione avesse partecipato con speranza e interesse al nuovo dibattito socio-politico e avesse persino lavorato a una bozza di Costituzione.
Sotto l’impero di Napoleone Bonaparte, l’avvocato si espose pericolosamente – ormai era abituato! – accettando di occuparsi della difesa dei monarchici e dei cospiratori nostalgici dell’Ancien Régime caduti in mano alla giustizia. Nonostante ciò, riuscì a guadagnarsi il rispetto anche della parte avversa, come quello dell’imperatrice Joséphine che domandò il suo consiglio al momento della separazione da Napoleone e lo stesso fece sua figlia, la regina Hortense.
Per il momento lascio riposare in pace Lagarde, dopo le fatiche non indifferenti che ha dovuto affrontare e se voleste fargli un saluto, l’ “avvocato della regina” riposa al cimitero di Montparnasse.