Le Cabaret du Néant – il Cabaret dell’Oblio

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Montmartre, sorridendo anche del trapasso, rimane la beffarda su cui nulla attecchisce, nemmeno la morte.

Émile Goudeau, Les cabarets artistiques, 1896.

Questo scrisse Émile Goudeau, giornalista e autore che già conosciamo per aver fondato il club letterario degli Hydropathe, l’anima del primo Cabaret du Chat Noir, in riferimento al Cabaret du Néant di Dorville.
Nel ‘Cabaret dell’Oblio’ Goudeau non vedeva un locale concorrente, dunque, ma un degno erede dello spirito irriverente di Montmartre. Conosciamo meglio la sua storia.

Dorville et le Néant, locandina anonima, Imp. Delanchy. Albertina Museum, Vienna.

A dire il vero, il suo locale all’epoca era abbastanza unico nel suo genere o, meglio, riprendeva il gusto antico per la fantasmagoria (di cui ho già parlato qui) e gli dava, per così dire, un look nuovo.

Il suo Cabaret de la Mort aprì le porte nei pressi della place Pigalle nel 1894, ma gli inquini dell’immobile, disgustati, protestarono al punto che il nome fu cambiato in un più generico Cabaret du Néant.
I rapporti col vicinato, tuttavia, non si rilassarono finché Dorville non trasferì le sue bare e i suoi scheletri dal 7 al 34 di boulevard de Clichy. Lo spostamento fu annunciato, tramite un manifesto in forma d’epitaffio, come “cambiamento di sarcofago”.

Facciata del Cabaret du Néant
Facciata del Cabaret du Néant al 34 di boulevard de Clichy (fonte: Gallica).

Alla faccia delle ostilità, l’idea di Dorville ebbe un enorme successo.

La decorazione de locale era già di per sé un’attrazione: delle “tele cangianti” firmate Paul de Kercadec, dette “dipinti macabri”, cambiavano magicamente aspetto in funzione della luce. I personaggi rappresentati, come l’immancabile Pierrot e le celebrità poetiche di Montmartre, come il cantante Aristide Bruant (di cui ho raccontato qui), si trasformavano all’improvviso in scheletri sotto gli occhi sgranati dei clienti. Lo stesso valeva per un ballo raffigurato in un lussuoso salone scintillante, che si trasformava in una scenografica danza macabra.

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La Galleria degi Spettri al Néant (fonte: Tavernes étranges Paris).

Nonostante gli elementi di intrattenimento non mancassero, la clientela del Néant manifestò comunque delle esigenze singolari. Essendo abituati ai modi brutali e villani dell’amatissimo Aristide Bruant che, non dimentichiamolo, dirigeva il proprio cabaret a pochi passi da lì, all’84 blv de Rochechouart, gli avventori si aspettavano di venir maltrattati.

«C’est pas drôle, chez vous!» – “Non è divertente, qui da voi!” – si lamentarono alcuni, così Dorville diede il permesso o, meglio, la consegna ai camerieri di insultare i clienti.
«Preparati a crepare, espierai la tua disgustosa esistenza, ti estrarremo le budella dal ventre…» e altre amenità del genere divennero formule di comune benvenuto al Néant.
I più contenti di ricevere questo trattamento erano i borghesi, la gente “perbene” ed educata, non abituata a sentirsi dare del “tu”, né tanto meno a sentir parlare il gergo della strada. Curiosamente, si trattava anche del tipo di persona più generalmente detestato sulla collina dove, lo ripeto, le idee anarchiche e socialiste erano di casa.

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La cantina dei trapassati al Néant (fonte: Tavernes étranges Paris).

Come se non bastasse, il venerdì sera era specialmente dedicato proprio agli impettiti signori dei quartieri chic con una “Morte di gala” riservata ai “polverosi della alta [società]” che potevano permettersi di pagare il boccale di birra a un prezzo maggiorato (quasi il doppio!).

Seguiamoli all’ingresso del locale.

Il percorso

Dopo essere stati accolti – a male parole, si intende – dal personale del locale in costume da becchino, i clienti venivano introdotti nella “sala dell’intossicazione”, dove venivano loro offerte, sopra casse da morto al lume di candelabri composti da ossa umane, delle bevande dagli ingredienti “a tema”, quali succo di vermi e sputi di tubercolotico.

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La sala dell’intossicazione al Néant (fonte: Tavernes étranges Paris).

Così rifocillati, i clienti passavano poi alla “cantina dei trapassati”, dove un volontario veniva fatto accomodare in una bara posta in verticale. Con un gioco di specchi il suo corpo veniva allora trasformato in scheletro sotto gli sguardi sbalorditi degli astanti.

Nella “galleria degli spettri”, invece, il pubblico veniva in seguito intrattenuto da ingegnose proiezione di spettri con le quali poteva interagire. Le più gradevoli erano delle defunte ballerine, del genere comunemente incontrato a Pigalle…

Nell’ultima sala, una tetra processione di monaci concludeva l’insieme. Si aggiunsero poi, tra il 1895 e il 1896, due ulteriori spettacoli, il primo dal nome evocativo, “Le voci dei trapassati”; il secondo con addirittura qualche pretesa di dimostrazione scientifica, “L’incombustibilità delle anime”. Purtroppo non sono riuscita a trovare altri dettagli su queste ultime delizie.

Cabaret du Néant, locandina firmata Denétière, 1895, con la menzione di due nuovi spettacoli, Bibliothèque Forney, Paris.

Delle idee rivoluzionarie dietro gli spettri

Gli spettacoli del Néant erano pubblicizzati in forma di invito aperti a tutti, imperatori, salumieri, ministri, ufficiali, operai… e firmati dalla Morte “in persona”, la grande equilibratrice, che prometteva un viaggio nel regno dell’uguaglianza.

Gli spettacoli fantasmagorici, infatti, non erano solo intrattenimenti morbosi, come certi giornali moralizzanti dell’epoca suggerivano.

L’intento era anche quello di veicolare contenuti ideologici e politici, in particolare di stampo anarchico. Non dimentichiamo che il quartiere era la sede di giornali e militanti legati al movimento.
In tale contesto, ridere del concetto di vita-dopo-la-morte e demistificare la paura dell’Aldilà non era solo una semplice provocazione: pregiudizi e superstizione erano considerati gli strumenti prediletti dai poteri oppressori (borghesia e Chiesa) per asservire e controllare il popolo.

Come se non bastasse, il cabaret si era dotato, su esempio del suo vicino illustre, le Chat Noir, di una rivista ufficiale: chiamata La Morte – Organo mensile dei “raffreddati”, che usciva ogni 13 del mese per sfidare al meglio la superstizione.

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Il numero della rivista de le Néant uscita il 13 novembre 1894, intitolato “Pierrot e la Morte” (fonte: Gallica)
Dorville compose inoltre un pamphlet che illustrava come la concezione del locale fosse in linea con l’anima di Montmartre di fine Ottocento.

I suoi spettacoli costituirono di fatto un sotto-genere nuovo del cabaret artistico dell’epoca, i cui più fulgidi esempi furono Le Chat Noir e il Mirliton di Aristide Bruant che proponevano, principalmente, un repertorio fatto di teatro d’ombre, poesie e canzoni. Dorville arricchiva il repertorio con la fantasmagoria, lanciando il fortunato genere del cabaret macabre, da cui presero vita altre istituzioni leggendarie, come il teatro del macabro di rue Chaptal, le Grand Guignol , fondato nel 1897, tanto per fare  un esempio (ne parlo qui).

Il locale rimase in funzione per ben settant’anni, anche se già dal 1910, decennio in cui l’avanguardia abbandonava la collina di Montmartre per rifugiarsi a Montparnasse, il Néant aveva cominciato il suo declino, come gli altri cabaret della zona che, già all’epoca, venivano considerati ormai delle “trappole per turisti”.

Ma, tornando alla Belle Époque, le fabbriche di meraviglie non sono finite! Il successo del Néant convinse infatti Dorville a tentare la fortuna con due nuovi cabaret dall’altra parte della strada: il cabaret del Cielo e dell’Inferno… (continua).