La moda si racconta(8) – Le Merveilleuses: la donna moderna veste all’antica
[ Copertina © Giorgia Gordini ]
In quest’intervista a puntate Madame la Mode, ossia la Moda in persona, ci racconta il suo passato francese.
Ci troviamo nei tumultuosi anni del Direttorio (1795-1799), quando la ricca gioventù parigina adottò uno stile eccentrico e sgargiante in reazione all’austerità imposta durante la Rivoluzione francese (vedi articolo precedente).
I più estremisti erano i cosiddetti Incroyables (‘Incredibili’), solitamente contraddistinti da convinzioni controrivoluzionarie e tipicamente accompagnati da una Merveilleuse (‘Meravigliosa’).
Madame, cosa può dirci di queste Merveilleuses?
Per comprendere il loro stile, occorre fare un passo indietro, circa a metà del Settecento.
Gli scavi di Pompei e Ercolano (1748) avevano diffuso in Europa il gusto per l’Antichità e così la decorazione interna delle ville e dei palazzi si era a mano a mano popolata di elementi antichi.
La sobrietà e la leggerezza dello stile antico soppiantò così l’esuberanza e l’opulenza dello stile Rococò.
Con la Rivoluzione francese l’Antichità, che era considerata la culla della democrazia, divenne il modello estetico per eccellenza.
Nacquero così le prime manifestazioni dello stile neoclassico che più tardi, sotto il Direttorio e il Consolato, contraddistinse i salotti parigini alla Moda.
In una sorta di virtuosismo scenografico, le Merveilleuses si fecero “vetrine” della nuova era, vestendo con uno stile che si abbinasse a quello del loro salotto, ossia con una robe-tunique, un ‘abito-tunica’.
Come le antiche romane?
Come ciò che ritenevano essere il costume delle antiche romane.
Il reparto di antichità del Louvre aveva aperto al pubblico nel 1793 e offriva molti spunti… nonché spazio alla libera interpretazione.
Il colore bianco delle sculture antiche – dovuto, in realtà, alla perdita della pigmentazione originaria – divenne il colore alla Moda per eccellenza.
«Per strada, non si vedevano che ombre bianche»
Sébastein Mercier
Nouveau Tableau de Paris au XIX siècle
(1798)
La chémise à la Reine, che aveva suscitato tanto scandalo solo pochi anni prima (vedi articolo precedente), si era evoluta per divenire la divisa delle donne moderne.
In che senso le donne del direttorio erano “moderne”, Madame?
Attraverso l’apparenza, le Merveilleuses osarono ciò che le donne delle generazioni precedenti non avrebbero mai nemmeno immaginato.
Gli abiti-tunica trasparenti, dal taglio verticale, con il punto vita appena sotto la linea del seno, lasciavano ben poco all’immaginazione. Essi si adattavano alla silhouette naturale del corpo, mentre prima era l’abito a modellare la figura.
Dalle calzature scomparvero i tacchi. Da sotto i lembi delle tuniche spuntavano semplici ballerine oppure stivaletti piatti, ma le più audaci tra le Merveilleuses sfoggiavano addirittura il piede nudo calzato da sandali “alla schiava”, con dita ornate da piccoli anelli.
Persino i gioielli si trasformarono seguendo il gusto neoclassico, facendo del cameo l’ornamento più diffuso.
Il complemento irrinunciabile della tenuta alla greca o alla romana era lo scialle, solitamente ampio e costosissimo per via del materiale e della lavorazione: ogni pezzo richiedeva il lavoro a tempo pieno di due persone per un anno intero!
Con l’occupazione dell’India da parte dell’Inghilterra (seconda metà del XVIII secolo) avevano cominciato a circolare in Europa i primi campioni di cachemire, un tessuto ottenuto dalla peluria delle capre dell’Himalaia.
La campagna d’Egitto condotta da Napoleone (1798) aveva lanciato in Francia l’impiego di un materiale simile, la pashmina.
E per quanto riguarda le acconciature?
Le Merveilleuses portavano i capelli corti, lasciando la nuca scoperta e qualche boccolo ad incorniciare il viso.
In principio, il gesto voleva ricordare il taglio che subivano i condannati sotto al regime del Terrore prima di essere condotti alla ghigliottina. In seguito, la particolare coiffure assunse l’immancabile connotazione antica grazie al nome evocativo di acconciatura à la Titus (‘alla Tito’).
Il capo veniva sempre coperto, una volta all’esterno.
Le cuffie e le piume non passarono mai di Moda, ma il gusto per l’Antichità e per l’Oriente avevano diffuso l’impiego di turbanti, non di rado ricavati da uno scialle arrotolato.
Il copricapo femminile di maggior successo nei decenni che seguirono fu il cappello à la Pamela (‘alla Pamela’), che consisteva in un semplice cappellino di paglia annodato da un nastro sotto al mento.
Il modello si era diffuso a Parigi dopo che un’attrice francese l’aveva sfoggiato nel 1793 durante la messa in scena di “Pamela, o la virtù ricompensata”, pièce di grande successo ispirata all’omonimo romanzo inglese di Samuel Richardson (1741). Si tratta della stessa opera da cui venne liberamente tratta la serie TV italiana Elisa di Rivombrosa.
Le forme del cappello à la Pamela furono molteplici, ma tra le stampe satiriche dell’epoca spicca una delle versioni più amate dalle Merveilleuses, la cui visiera era talmente lunga da impedire la visione del volto di profilo. In quel caso, il cappellino prendeva il nome di Invisible.
Madame La Mode, tra queste Merveilleuses, ve ne fu qualcuna che si potrebbe definire una sua “incarnazione”, alla maniera della regina Marie-Antoinette?
Una? Ne ricordo almeno tre!
Madame Tallien, Madame Récamier e Joséphine de Beauharnais, note anche come “le Tre Grazie del Direttorio”.
Madame Tallien
A Bordeaux, durante la Rivoluzione, Thérésa Carrabus venne battezzata Notre-Dame de Bon Secours (‘Nostra Signora del Buon Soccorso’) per aver salvato dalla ghigliottina diverse persone sospettate di attività controrivoluzionaria.
Per raggiungere i suoi scopi, Thérésa non esitò a ricorrere al proprio charme. Non le fu difficile, ad esempio, sedurre il rappresentante del Comitato di salute pubblica incaricato di indagare su di lei, Jean-Lambert Tallien.
Invece del suo carceriere, Tallien divenne il suo amante e chiuse un occhio sulle opere di “buon soccorso” della sua compagna.
Il gioco però non era destinato a durare a lungo…
Thérésa venne infine arrestata e trasferita a Parigi assieme a Tallien, che riuscì più o meno a giustificare la propria condotta di fronte al Comitato.
Notre-Dame de Bon Secours, invece, venne riconosciuta colpevole di tradimento e condannata a morte.
Dal carcere, dove si era legata d’amicizia con un’altra prigioniera, Joséphine de Beauharnais, indirizzò una lettera infiammata a Tallien accusandolo di essere la causa della sua morte.
«Muoio perché appartengo a un codardo», scrisse.
Le parole di Thérésa, secondo la leggenda, persuasero Tallien ad entrare nella congiura che provocò la caduta di Maximilien de Robespierre e con essa la fine del Terrore, tra l’8 e il 9 Termindoro dell’anno II della Repubblica (27 luglio 1794).
Notre-Dame de Bon Secours fu di conseguenza ribattezzata Notre-Dame de Thermidor (‘Nostra Signora di Termidoro’), divenendo il simbolo inedito di una donna emancipata e politicamente impegnata, nonché pioniera della Moda alla greca.
La sua fama fu tale da attirare le attenzioni del giovane e ambizioso generale Bonaparte… che però dovette accontentarsi di un due di picche.
Madame Récamier
Jeanne Françoise Julie Adélaïde Bernard, detta Juliette, era la più giovane delle tre grazie e animò un salotto meno politicizzato di quello di Madame Tallien. La sua passione era la poesia e i suoi ospiti si recavano da lei per discutere di letteratura.
Intima amica di Madame de Staël, la madrina del Romanticismo, Juliette non perdonò mai a Napoleone d’averla fatta esiliare, eppure fu proprio l’arredamento del suo salotto a definire lo stile Direttorio che si sarebbe evoluto poi nello “stile Impero”, potente mezzo di propaganda del regime napoleonico.
(Continua…)