I passages couverts, superstiti di una Parigi scomparsa
I passages couverts, o ‘passaggi coperti’, non sono altro che delle vie commerciali riparate dalle intemperie, ma per la storia della Ville Lumière rappresentano molto di più.
L’aspetto da interno elegante, le luci, le vetrine e il silenzio… Analizzeremo meglio il fascino che un passage esercita sul passante e ci imbatteremo così nell’embrione della società dei consumi, scoprendo una Parigi molto differente da come la conosciamo.
Lo charme che esercitano oggi queste vie caratteristiche non è che un pallido riflesso della meraviglia che i passage esercitavano sul passante durante la loro breve epoca d’oro, durata circa sessant’anni, nella prima metà del XIX secolo.
Tanto grande fu il successo, quanto repentino fu il declino: dei trenta passage che Parigi conobbe, solo diciannove sopravvivono e se alcuni di essi presentano oggi un’aria decadente e trascurata, permane in loro l’eco di uno spirito parigino scomparso, di consuetudini dimenticate, di difficoltà quotidiane superate.
Sono le arterie dismesse della vita ottocentesca della città che, se percorse al passo della storia, concedono di scoprire molte meraviglie, nessuna delle quali sta dietro una vetrina.
Perché i passages?
L’ottanta percento dei passage venne realizzato in un arco di tempo breve, circa trent’anni, tra il 1822 e il 1848, e fu concentrato principalmente in tre arrondissements: I (Louvre), II e IX (Opéra e Grands Boulevards).
Queste zone centralissime, oggi sinonimo di eleganza, nella prima metà dell’Ottocento si presentavano sotto tutt’altro aspetto. Tanto per iniziare a tracciare un quadro, sostituiamo gli ampi boulevard con viali, strade e vicoli in terra battuta, spesso anguste e maleodoranti.
Ma perché limitarsi a immaginare? Ecco un magnifico acquerello intitolato “Se vuoi passare, devi pagare’’, opera di Boilly, in cui osserviamo i disagi caratteristici della strada parigina del tempo: fango e rifiuti.
Il problema veniva risolto, quando possibile, da una figura oggi scomparsa, il portatore di passerella, il quale si occupava, dietro compenso, di stendere un’asse di legno su pozzanghere e immondizia onde evitare ai passanti eleganti il fastidio di inzaccherarsi.
I passages nacquero come classiche speculazioni immobiliari: Parigi mancava completamente di spazi urbani dedicati ai pedoni, dove i cittadini potessero riunirsi per oziare o intrattenersi. Occupare un locale su una via del genere garantiva pubblico e quindi ottimi affari: non sarebbe stato difficile trovare dei commercianti disposti a pagare l’affitto!
Il primo a mettere in atto il progetto fu nientemeno che il duca di Chartres alla fine del XVIII secolo. Il nobilissimo cugino del re, braccato dai debiti che il suo tenore di vita richiedeva, ebbe l’audace idea di lottizzare il giardino del suo enorme hôtel parigino, Palais-Royal, per ricavarne dei locali commerciali da mettere poi in affitto.
«Cugino mio – ironizzò il re Louis XVI – dunque terrete bottega e senza dubbio non vi si vedrà che la domenica!»
Il successo, come vedremo, fu immenso e così, attorno a Palais-Royal sorsero una dopo l’altra nuove gallerie riservate al passaggio pedonale dotate di copertura, a imitazione del lunghi portici del palazzo ducale.
Solitamente queste prendevano il nome di chi ne aveva finanziato la costruzione il quale, quando possibile, sceglieva di proseguire il percorso dei passages già esistenti, così da non disperdere il pubblico abituato a venir a trascorrere le proprie ore libere nella zona.
Grazie alle tipiche coperture trasparenti che consentivano di riparare i passanti senza rinunciare alla luce diurna, il successo dei passages fu enorme tanto che i turisti stranieri venivano apposta per visitarli.
Lo shopping dell’epoca era ben lungi dal concetto di consumismo di massa odierno, i cui primi passi si muoveranno solamente col fiorire dei grandi magazzini di fine Ottocento.
Eppure, nonostante solo pochi privilegiati potessero permettersi di varcare la soglia delle boutiques e acquistare qualcosa, sotto alle coperture dei passages si riunivano ogni giorno i membri di tutte le classi sociali.
Questa magia non era operata solo dal riparo, le luci a gas e il riscaldamento gratuito offerto dai passages all’ultima moda. La vera attrazione era costituita da un nuovo sistema di messa in mostra delle merci divenuta poi ovvia, ma che per gli occhi della popolazione dell’epoca era un vero e proprio effetto speciale: la vetrina.
La vetrina era più che un passatempo per il passante: era spettacolo, era messa in scena.
Troviamo traccia del fenomeno in molti dei grandi autori del XIX secolo, i quali tracciano descrizioni fedeli dello sfarzo messo in scena dai commercianti… senza risparmiare le critiche!
«Ci si potrebbe domandare, senza insultare Sua Altezza imperiale l’Economia politica, se la grandezza di una nazione risieda nel fatto che una libbra di salsiccia vi venga servita su del marmo di Carrara scolpito, o che della trippa sia meglio alloggiata di quelli che la mangiano!»
Honoré de Balzac, Le Diable à Paris, 1845.
In generale, i passage rappresentano la prima versione di una tipologia di spazi necessaria alla società di stampo borghese, affermatasi con la Rivoluzione francese e pronta a dominare la scena dell’Ottocento: il centro commerciale.
Non è un caso infatti che siano sorti sulla Rive droite, a Nord della Senna, nella zona tradizionalmente dedicata ai commerci e alla finanza.
Un ulteriore requisito per un passage couvert di successo era la vicinanza con le stazioni di posta delle diligenze, dette «messageries»: si prendeva la vettura, si facevano acquisti e poi si riprendeva lo stesso mezzo verso casa.
Questo spiega perché i passages siano di norma dotati di grandi orologi: per non perdere la diligenza!
Ma il consumismo, si sa, non risparmia nessuno, men che meno se stesso: i passages non ressero il confronto coi grandi boulevards e i grandi magazzini, le rivoluzioni della seconda metà del secolo, senza contare che lo sviluppo delle linee ferroviarie aveva trasformato il modo di viaggiare e che dunque le messagerie avevano perso gran parte del loro primato.
Nel 1860, in pieno Secondo Impero, i passage erano quasi dimenticati, moltissimi in stato di completo abbandono.
In questa serie di articoli intendo raccogliere ciò che resta di quegli anni di splendore, percorrendo i passages uno ad uno come oblunghi teatri abbandonati, in ascolto, immaginando il sipario alzarsi di nuovo, fosse anche solo per un momento.