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La moda si racconta(6) – Vestirsi ai tempi della Rivoluzione francese

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[ Copertina © Giorgia Gordini ]

In quest’intervista a puntate Madame la Mode, ossia la Moda in persona, ci racconta il suo passato francese.
Nell’articolo precedente, abbiamo visto come a partire dagli anni 1780 i nobili e i borghesi abbandonarono il gusto opulento e ridondante del Rococò in favore di uno stile più semplice.

Un’epoca era finita, il cambiamento era nell’aria. La Rivoluzione francese scoppiò nel 1789 e lei, Madame La Mode, giocò qualche ruolo?

Giocai, eccome! In prima linea!
Nei primi anni della Rivoluzione, quelli che precedettero l’abolizione della monarchia (10 agosto 1792), si diffuse a macchia d’olio il gusto per la civiltà classica, culla della democrazia.

La Libertà par Jean-Francois Janinet (prima metà del XIX secolo, Musée Lambinet di Versailles; da un disegno di Moitte 1792).
La Libertà par Jean-Francois Janinet (prima metà del XIX secolo, Musée Lambinet di Versailles; da un disegno di Moitte, 1792). Il gusto classico è di moda.

La passione per l’antichità era iniziata cinquant’anni prima, grazie agli scavi di Pompei ed Ercolano (1738).
Il confronto con i modelli classici aveva comportato, ad esempio, un graduale abbandono degli arabeschi del Rococò, in favore delle linee sobrie del cosiddetto goût grec, ‘gusto greco’.
Ciò risultava evidente soprattutto negli interni delle ville e dei palazzi che andarono via via semplificandosi.

CabinetDeCuriosites_1745-50
Questo Cabinet de Curiosités è un buon esempio di mobilio in stile Rococò per via della ricca decorazione, caratterizzata da linee morbide e sinuose (1745-50, Getty Center, Los Angeles).

Nel mobilio, i dettagli in bronzo dorato si fecero allora meno vistosi, le superfici di legno più estese e i motivi decorativi presi in prestito dall’antichità iniziarono ad apparire un po’ ovunque, mescolati a quelli ancora legati al Rococò.
Questo cosiddetto “periodo di transizione” comparve nei decenni che precedettero lo scoppio della Rivoluzione francese.

Commode1760
Questo “Commode” appartenuto a Madame de Pompadour è un esempio del cosiddetto “stile di transizione”, in cui sono presenti elementi decorativi appartenenti alla tradizione Rococò (piedi incurvati), ma anche la semplificazione operata dal nuovo gusto classico, il goût grec (1760, Getty Center, Los Angeles).

E per quanto riguarda l’abbigliamento, Madame, come influì la Rivoluzione?

Le donne abbandonarono definitivamente i paniers, simbolo dell’Ancien Régime.
Gran parte dell’aristocrazia era emigrata all’estero e i privilegi della nobiltà erano stati aboliti: non era saggio mostrare nostalgia per un regime decaduto!
I modelli di abito più diffusi erano quelli considerati “democratici”, poiché ricordavano le tenute della classi popolari, come caracos e pierrots (vedi articolo precedente).

Caracos
Il Caraco era un corpetto con maniche maniche lunghe, aderenti e code più o meno lunghe sul retro, adagiate sulla gonna.

I nuovi dettami della Moda rivoluzionaria estremizzavano quelli ispirati dagli scritti di Rousseau (vedi articolo precedente), rispettando le forme naturali del corpo e con esse, l’autenticità e la spontaneità dell’individuo libero.

Una situazione inedita per me fu la messa al bando della vanità, che era stato l’appannaggio esclusivo di nobili e ricchi borghesi.
Finite le corse dalle modiste! Dal 1793 al 1797, le gazzette e le riviste di moda addirittura scomparvero.
Ma la Moda non era sconfitta, tutt’altro: avevo semplicemente cambiato campo di gioco, dalla mondanità alla politica.
Guardiamo la tenuta maschile, per esempio: se è vero che l’abito non fa il monaco, per lo meno sotto la Rivoluzione faceva il patriota!

Sarebbe a dire?

Vestendo gli abiti del popolo, i rivoluzionari più ferventi intendevano mostrare con fierezza non solo le loro origini, ma anche il loro credo politico.
Venivano indicati col termine di sans-culottes, ossia ‘quelli senza le culottes’, i calzoni aderenti che terminavano sotto al ginocchio e che erano una componente essenziale della tenuta maschile aristocratica.

Abito uomo Louis XV
Tipica tenuta aristocratica da uomo sotto l’Ancien Régime:frac su gilet e culotte strette al ginocchio.

Il termine venne trasformato dagli stessi sans-culottes in una una dichiarazione d’appartenenza a un’ideologia politica, sebbene spesso non si trattasse davvero di operai, bensì di piccoli e medi borghesi e imprenditori che miravano a un miglioramento della propria posizione.

Sans culotte

Il dress code del sans-culotte era costituito da lunghi e morbidi pantalons e da una giacca di tela, detta “carmagnole”, abbottonata spesso a caso, per dare un tocco di “libertà” in più.
Ovviamente, non vi era traccia dei tradizionali polsini di pizzo che arricchivano le maniche degli habits aristocratici, né di cravatte raffinate, sostituite da semplici foulard di lana.
Ai piedi meglio indossare le calzature del popolo, gli zoccoli, oppure delle scarpe chiuse da lacci. Mai e poi mai esibire delle fibbie, che contraddistinguevano le calzature aristocratiche!

Carmagnole
Un esempio di Carmagnole, conservato al Museo della storia tedesca di Berlino (1792-1794).

L’insieme andava completato – per legge! – dalla coccarda tricolore, tre cerchi concentrici dove il bianco, il colore dei Borbone e dunque della monarchia, si inseriva tra quelli di Parigi, il blu e il rosso.
Caduta la monarchia, il rosso venne associato alla Repubblica, mentre il bianco passò a simboleggiare l’armata che stava difendendo la Nazione dal nemico straniero.

Aux trois Ordres, ’Ai Tre Ordini’, insegna di un mercante di coccarde di Palais-Royal, musée Carnavalet.

Le parrucche incipriate erano fuori discussione: sui capelli naturali, il copricapo più popolare era il berretto frigio, o pileus, indossato nell’antica Roma dagli schiavi liberati.
Così il popolo francese dichiarava di aver riconquistato la propria libertà.

Berretto frigio risalente al periodo del Terrore, appartenuto ad un soldato dell’armata rivoluzionaria con appuntato un ritratto di Marat (1793-1794). Il colore rosso non è casuale: è il colore della Repubblica! (1793-94, Museo della storia tedesca di Berlino).

Anche il linguaggio dovette adattarsi alla piega estrema assunta dalla Rivoluzione: non era più concesso pronunciare gli appellativi di monsieurmadame, sostituiti dai più democratici cittadinocittadina.
Specialmente durante il regime del Terrore, un abbigliamento conveniente era un fattore-chiave per sperare di salvarsi da eventuali denunce.

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Tenuta da uomo con pantalon, giacca con le code e gilet (1795, Museo della storia tedesca di Berlino).

Vi è un’eccezione curiosa però: il più noto tra gli estremisti rivoluzionari, che divenne più tardi il simbolo del Terrore (benché non fosse affatto il solo ad agire), Maximilien de Robespierre, non mise mai i pantaloni!
Robespierre preferiva un’eleganza di stampo tradizionale, che poteva permettersi di sfoggiare senza conseguenze grazie alla sua posizione di potere, certo, ma anche e soprattutto per via della sua nota incorruttibilità e cieca dedizione alla causa rivoluzionaria.
Insomma, un giacobinodémodé!

Robespierre 1791
Maximilien de Robespierre, rivoluzionario anche nel vestire, osa sfoggiare le sue belle culottes nel 1791.

Quali altre novità ricorda di quel periodo tormentato, Madame

La scena inedita delle donne in pantalons, senza dubbio!
A Parigi, molte donne, benché sempre prive del diritto di voto, si erano schierate in prima linea a sostegno della Rivoluzione.
Le più audaci vestivano i pantalons come i loro mariti ed eran note con l’appellativo – sempre di stampo classico – di “amazzoni”.
Ora, l’uguaglianza era uno dei valori cardine della Rivoluzione, ma senza esagerare: queste forme di “travestitismo” vennero condannate non solo dal governo rivoluzionario, ma anche dalle donne più tradizionaliste!

Villeneuve, Francesi divenute libere. Giornate del 5 e 6 ottobre (1789 circa, Musée Carnavalet).

In effetti, prima della Rivoluzione, il ruolo della donna aveva guadagnato spazio in settori che, fino a quel momento, le erano stati preclusi.
A ciò contribuirono le dame parigine protagoniste del “bel mondo”, che tenevano salotto con le menti più brillanti del tempo, divenendo di fatto protettrici e promotrici delle nuove concezioni filosofiche, artistiche e letterarie.

La stessa regina Marie-Antoinette, sebbene inconsapevolmente, aveva contribuito a lanciare una nuova dimensione della femminilità non più relegata alla sfera domestica, bensì caratterizzata da un percorso professionale di successo, e lo fece circondandosi di donne in carriera, quali la sua modista Rose Bertin o la pittrice Élisabeth Vigée – Le Brun,

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Élisabeth-Louise Vigée Le Brun (1755-1842), Madame Vigée-Le Brun et sa fille, Jeane-Lucie, dite Julie (1780-1819).

Giornaliste, filosofe, artiste, commediografe, studiose e scienziate…
Il Secolo dei Lumi aveva spianato la strada, almeno in apparenza, a un’emancipazione femminile senza precedenti. La dice lunga il fatto che l’Accademia reale di Pittura e Scultura, nel 1770, decise di limitare a 4 il numero massimo di donne ammesse tra i suoi membri…

La Rivoluzione aveva acceso una fiamma partendo da tizzoni già ardenti, ma il movimento venne rapidamente soffocato con l’avvento del secolo successivo.
Nell’anno 1800, le autorità ristabilirono la divisione di genere nell’abbigliamento, rendendo obbligatorio per le donne un permesso scritto della Prefettura, qualora queste volessero sfoggiare un pantalon.
E questo veniva concesso unicamente per esigenze lavorative o… igieniche!

(Continua)

(Da leggere anche Il pantalone nel XIX secolo: quando le parigine rischiavano l’arresto)